E Francesco? Dove sta, cosa fa Francesco mentre la rocca brucia? Deve avere 16 o 17 anni, se è nato, come si crede, tra il 1181 e il 1182. La madre lo avrà pregato di restare a casa, perché «Son cose da grandi». Ma cosa gli avrà insegnato l’esempio paterno? Gli avrà detto «Non t’impicciare, non ti riguarda»? O lo avrà portato con sé piazza, unendosi ad altri che gridano «Viva e abbasso»? E chi sono gli altri? Perché in quel tempo Assisi è divisa tra “maiores” e “minores”. I primi sono i «boni homines» che alla morte dell’imperatore Enrico VI in Sicilia hanno dato fuoco alla rocca per impedire che cadesse in mano al papa. Gli altri sono gli «homines populi», che cacceranno dalla città i “maiores”, cioè i discendenti dei cavalieri teutonici arrivati con Cristiano di Magonza nel 1174, quando sarà costruita la rocca che ospiterà l’imperatore Federico Barbarossa e vent’anni dopo il nipotino Federico. I “maiores” distruggeranno la rocca, seguiti dai “minores” che ne distruggeranno le case nel quartiere di Murorupto e nella piazza centrale. Pietro di Bernardone è un uomo del popolo con un ruolo importante in città. È un mercante di stoffe con l’abitazione nella piazza dove è il macello del comune, a mezza strada tra la piazza centrale con un tempio antico trasformato in chiesa cristiana, e la piazza inferiore col palazzo vescovile addossato alla primitiva cattedrale. Espone le sue merci in un fondaco sulla piazzetta accanto alla chiesa di San Gregorio. È conosciuto anche a Foligno, dove a volte manda il figlio Giovanni a vendere stoffe in piazza. Ma soprattutto la sua attività lo ha portato lontano da casa, persino in Francia di dove, oltre alle merci, ha riportato anche una sposa che gli darà due figli maschi e insegnerà loro la lingua dei trovatori. È da questi viaggi d’affari del padre che Giovanni prenderà il soprannome di Francesco, o meglio ancora dalla sua abitudine di cantare canzoni d’amore nella lingua materna. Perché quando aveva i figli ancora in fasce, Pica li cullava cantando loro canzoncine con storie di dame e cavalieri, e tutto il quartiere era allietato dalla sua voce argentina. Una volta cresciuto «Francesco (…) giunto all’età adulta e dotato di ingegno acuto, prese ad esercitare la professione paterna, cioè il commercio, ma con stile completamente diverso. Francesco era tanto più allegro e generoso, dedito ai giochi e ai canti, girovagava per la città di Assisi giorno e notte con amici del suo stampo, tanto generoso nello spendere da dissipare in pranzi e altre cose tutto quello che poteva avere o guadagnare» (3Comp 2). Cosa canta Francesco? Canzoni d’amore! E in quale lingua? La lingua materna! Fin quando a scriverne saranno preti o frati, fu tutto un Pater noster e un’Ave Maria in latinorum. Ma quando il ricordo è riferito dai primi compagni, son tutti giochi e canzoni d’amore che hanno Francesco protagonista. E dove? In piazza! E quale? Una risposta ci è data dalla sequenza che dà inizio al film sulla vita del santo alle pareti della chiesa che gli sarà dedicata. Sono ventotto quadri messi in sequenza a rappresentare altrettanti esempi da mandare a memoria. Il primo quadro ritrae «Quando un uomo semplice di Assisi stende il mantello in terra al passaggio del beato Francesco e gli rende onore. E fa questo, ispirato – si crede – da Dio, proclamando che Francesco è degno di ogni riverenza, perché compirà nel prossimo futuro cose meravigliose, per le quali tutti dovranno rendergli onore». Vi compare un giovane vestito di blu come il cielo è sempre più blu, «Biondo era e bello e di gentile aspetto», davanti a un compagno che stende come per gioco un mantello al suo passaggio, suscitando l’ammirazione di un pubblico di magistrati del comune popolare, dove il vero protagonista è il tempio antico che occupa il centro della composizione. È una copia del tempio romano di Minerva nella piazza centrale di Assisi, con accanto la Torre del Popolo e il Palazzo del Capitano, le sedi del bene comune conquistato dopo i fatti del 1198. Vero o falso? Il quadro segue il racconto della Legenda Maior di san Bonaventura, come per dire «Francesco è uno di noi, un uomo di Assisi in valle spoletana».
