26 Ottobre 2025

È questo il poco, quasi il niente.

Claudio Volpi
È questo il poco, quasi il niente.
Trittico con paesaggio marchigiano' - di Corrado Pellini, 1932

Così presenta Elisa Donzelli per il premio Strega la poesia di Stefano Simoncelli (1950-2025) riferendosi alla sua raccolta Sotto falso nome: “La feroce grazia delle poesie di abbandono che Stefano Simoncelli ci offre nel suo ultimo libro, si trova tutto nel racconto di un tempo imminente nella memoria: i poeti conosciuti e amati, il padre, la madre, e soprattutto la compagna di una vita, morta ma presenza costante, là, che lo attende, che dà un senso all’esistenza anche nella sua assenza. Il poeta, assorbito in luoghi reali dove predomina la nebbia che viene dal mare (a natia Cesenatico, la sua Cesena) e sotto falso nome, come se appunto non avesse identità, con una grazia per così dire interiore, riduce il mondo e ce lo ripropone con una speciale nuova evidenza, un nitore fortissimo. Il lutto inconsolabile, le ossessioni del passato e del presente, la memoria affievolita, la forza del ricordo… è il modo con cui Simoncelli mette in gioco l’amore, terreno e sacro, mondano e possibile, irrinunciabile”. Una gran bella voce nascosta nella a volte meravigliosa provincia italiana.

1

Bisbigliano tra le luci al neon

sotto la pensilina.

Vogliono che tenda l’orecchio

e li riconosca uno alla volta

mentre arrivano

i treni notturni

alla stazione della memoria.

Chi siete?

Da  dove venite ?

vorrei chiedere,

ma sbanda

la mia ombra

sul marciapiede

di tante partenze improvvise,

il cuore si rattrappisce,

manca l’aria…

‘Mia moglie è con voi?

Fatemi ascoltare ancora

la sua voce’

supplico spalancando

le braccia nel sogno

ormai spento.

 

2

Si schierano dietro

al collegio Pascoli

sul campetto

intriso di pozzanghere,

senza righe

e con quattro pietre

al posto dei pali.

‘Sbrigati, tra poco

sarà buio’

sembra che gridino

sbracciandosi verso

la mia finestra

dove resto immobile,

non respiro,

mentre transitano

gli inverni,

vento gelido

dopo vento gelido,

bufera di neve

dopo bufera di neve,

fino a un improvviso

squarcio di sole

accanto all’invidia

con cui li intravvedo

dare calci al pallone,

quello di una volta

con le cuciture di corda

e più pesante del dolore,

più viscido del tormento

di essere qui,

forse in un sogno

o forse morto

senza saperlo.

 

A mio padre

Per alcuni anni,

prima di addormentarmi,

ho sperato sarebbe

venuto a prendermi

come davanti

al portone della scuola

quando gli consegnavo

la cartella

e mi aggrappavo

al suo braccio.

 

Sarebbe stato là,

sul marciapiede,

mi illudevo,

distante da tutti

e fumando,

ma niente, nemmeno

la brace della sigaretta

a luccicare nel buio

dove lo immaginavo.

 

Poi in un’ alba livida

e pieno di vento,

quando ormai

non ci contavo più,

si è aperta e richiusa

la porta dove dormivo

e l’ho visto: era lì,

ai piedi del letto,

che mi aspettava fumando.

 

3

Non posso dirti

se finisce quassù,

in questo capolinea

sulle colline,

la mia corsa,

ma non vedo

 

vie di fuga possibili

o un posto sicuro

dove andare a nascondermi.

Ho chiuso sotto chiave

alcuni stracci

 

di nuvole che

si agitavano

in un vento straniero

e i sentieri tracciati

sull’erba alta

delle lepri ferite

che scivolavano

nella macchia

inseguite dai bracconieri

e vertiginosi turbini  di neve.

E’ questo il poco,

quasi il niente,

che sono  riuscito

a mettere da parte

 

e molto presto

potrai ritrovarmi

dietro al ritmo

dei tuoi passi

che non hanno più eco.

 

 

 

 

 

Claudio Volpi

Nato ad Assisi, dove vive e lavora. Laureato in Lettere Moderne, si occupa di Arte e Antiquariato, ha una Galleria D’Arte nel centro storico della città. Dagli anni ottanta ha pubblicato diverse raccolte di poesie, l’ultima quest’anno con il volume “Voci Versate”, Casa Editrice Pagine Roma.

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