Com’è che Francesco cambiò idea intorno al mestiere che voleva fare da grande ce lo racconta Tommaso da Celano nella vita che gli dedicò dopo la canonizzazione, avvenuta per voce di Gregorio IX nella chiesa di San Giorgio il 16 luglio 1228. Era stato lo stesso papa a incaricare questo biografo di ritorno d’oltralpe, e suo malgrado il frate si trovò a dover scrivere la vita di un santo piuttosto che la vita di un uomo visto da lontano. È fra Tommaso a mettere in giro la storiella di quando Francesco si recò con la sua merce a Foligno, dove passa la strada che conduce a Roma, e riuscì a vendere quanto aveva portato con sé, compreso il cavallo col quale era partito. Si era recato a Foligno perché ce l’aveva mandato il padre perché imparasse il mestiere? Partì col cavallo carico di stoffe e tornò con una borsa piena di denari. A piedi: ne valeva forse la pena? E chissà dove si teneva allora il mercato a Foligno? Forse nella piazza centrale, dove si fronteggiano ancora la sede del comune e la cattedrale di San Feliciano. Dominata dalla facciata minore della cattedrale, che era stata completata nel 1201, nemmeno un lustro prima l’arrivo di Francesco. Questa facciata espone negli stipiti interni del portale le figure di un papa e di un imperatore, da ravvisare nel pontefice di quel tempo, Innocenzo III di Segni, e nell’imperatore Ottone IV Welfen.

Papa e imperatore posti l’uno di fronte all’altro, a significare la concordia tra il potere spirituale detenuto dal primo e quello temporale dal secondo. Eppure pochi anni dopo, quando Ottone IV, alla testa di un’ampia coalizione, sarà sconfitto dal re di Parigi Filippo II Augusto la domenica di Bouvines (27 luglio 1214), Innocenzo III deporrà Ottone IV dalla carica imperiale e nominerà al suo posto un appena ventenne Federico II di Svevia. Di colpo cambieranno le carte in tavola: sic transit gloria mundi. Il rampollo imperiale che aveva trascorso la sua infanzia tra Assisi e Foligno, avendo per balia la sposa del duca Corrado di Urslingen, prima di essere richiamato in Sicilia alla morte del padre avvenuta nel 1197, quando la madre Costanza lo affiderà al vescovo di Roma prima di morire a sua volta, mentre i cavalieri teutonici abbattevano la rocca di Assisi e subito dopo gli «homines populi» abbattevano le case dei «boni homines»: il giovane Federico salirà inaspettato sul trono per volontà di un pontefice.

Nel frattempo anche Francesco ha raggiunto la maggiore età e sulla piazza di Foligno vede esposto il ritratto di un papa in compagnia del ritratto di un imperatore: se proviamo tanta confusione noi oggi, figuriamoci loro allora! Si fosse recato a Bevagna, Francesco avrebbe potuto leggere il nome di Enrico VI sulla facciata di una chiesa, avrebbe visto una testa coronata sulla facciata di un’altra. Si fosse recato a Spoleto, avrebbe visto una testa coronata sulla facciata di un monastero. Sempre teste isolate, mai che l’imperatore condivida la scena con il pontefice a dimostrare una comunione d’intenti: tu il temporale io lo spirituale. In nessun luogo salvo che a Foligno, a inizio secolo, in piazza del mercato. Dovremmo essere l’anno del Signore 1205, Francesco non ha ancora fatto il salto, lo farà lì a breve tornando a piedi a casa con la testa piena di domande. Cosa possono avergli suggerito quelle teste coronate sulla porta di una chiesa? E soprattutto, cosa farà di tutti quei soldi che ha scambiato per le sue stoffe colorate? Dischetti d’oro e d’argento, con impresse teste di papi e d’imperatori che progressivamente stanno conquistando l’intero universo. Con il concio di chiusura dell’arco che si apre con l’annuncio di mese e anno, giugno MCCI, e si chiude con l’augurio che stelle sole e luna rivelino i loro tempi puri. Si sarà ricordato di queste parole profetiche nello scrivere vent’anni dopo i versi del cantico di frate Sole? Quante volte avrà meditato i tempi nuovi svelati dal concorso di «sidera sol luna»? E se fossero questi lo sterco del diavolo? Il tesoro che Francesco porta con sé tornando a casa, col cuore che batte forte perché dove è il tuo tesoro lì sarà anche il tuo cuore. Come vede le mura di Assisi, entra in una chiesa alle porte della città e getta le monete in una nicchia del muro. Libero, finalmente libero: quando non possiedi nulla non hai nulla da perdere.