27 Novembre 2025

Come nani sulle spalle dei giganti

Elvio Lunghi
Come nani sulle spalle dei giganti

«Nos esse quasi nanos gigantum humeris insidientes». Siamo come nani sulle spalle di un gigante: è un celebre aforisma di Bernardo di Chartres che visse nel secolo di Francesco. Dall’alto di questo osservatorio vediamo più lontano degli antichi, ma per vedere cosa? Dove avvenne lo scontro tra Francesco e il padre Pietro? Col primo che vive come gli uccelli dell’aria e i fiori nei campi, e l’altro che vive del suo lavoro e della sua roba. Col primo che si affida alle parole del Cristo: «… sono venuto a dividere il figlio da suo padre, la figlia da sua madre, la nuora dalla suocera» (Mt 10, 35). Mentre l’altro cerca la giustizia umana, non come quel padre nel Vangelo di Luca che accolse il figliol prodigo tornato a casa una volta perduta la sua eredità, e bussando alla casa paterna vi trovò misericordia, col fratello che protestava col padre comune. Misericordia non è un vento che soffia nella casa di Pietro di Bernardone, e come vide il figliol prodigo tornato a casa, ecco che Pietro «andò di corsa al palazzo del comune a protestare contro il figlio davanti ai consoli della città, chiedendo che gli facessero restituire il denaro che aveva portato via». Questi chiamano Francesco, gl’intimano di comparire ma lui si rifiuta e dice loro di «essere diventato libero per la grazia di Dio e di non essere più sotto la giurisdizione dei consoli». A sua volta Pietro «Constatando che il suo ricorso ai consoli non giovava a nulla, egli andò a sporgere la stessa querela davanti al vescovo della città. Questi, da persona discreta e saggia, chiamò Francesco con i modi dovuti, affinché venisse a rispondere alla querela del genitore. Il giovane rispose al messaggero: “Dal signor vescovo ci verrò, poiché egli è padre e signore delle anime”» (3Comp 19). Dove avvenne l’incontro tra i due? La residenza del vescovo di Assisi non è stata spostata altrove, posta com’è sulla terrazza inferiore della città romana. Ne è cambiato l’ingresso, più alto rispetto all’antico. Dove era un tempo la «platea ante episcopatum», a ridosso della chiesa di Santa Maria Maggiore, si alza un muro di cinta oltre il quale si accede a un cortile le cui pareti sono rivestite d’intonaco movimentato da arcate moderne in laterizio. Verso oriente è l’accesso alla Sala del Trono, che fu sistemata nel 1612 dal vescovo Marcello Crescenzi. Verso occidente è l’ingresso alla Galleria dei Vescovi, che fu decorata da Giacomo Giorgetti al tempo del vescovo Paolo Emilio Rondanini. Le tre arcate della parete meridionale risalgono agli anni ’50 del Novecento. Non c’è nulla che ricordi i tempi del vescovo Guido I, se non fosse che il cortiletto è stato ottenuto colmando il sensibile dislivello tra la facciata dell’antica cattedrale e le mura urbiche romane. Un’importante novità è venuta nel corso di lavori eseguiti all’interno di un grande ambiente posto sotto la Sala del Trono, dove è stata ritrovata una porta monumentale che dava sulla «platea ante episcopatum».

La sala sotterranea ha una pianta rettangolare e presenta al centro un grande pilastro in pietra, contro il quale sono appoggiati quattro archi in laterizio che sostengono un soffitto di travature lignee. Gli archi in laterizio sono di un tempo posteriore rispetto alla costruzione delle pareti in pietra e è probabile che siano stati aggiunti per rinforzare il pavimento della sovrastante Sala del Trono. L’ingresso era dalla parete occidentale, dove si apre un arco formato da due stipiti rozzamente costruiti con elementi di spoglio, con i capitelli ricavati da due enormi blocchi di forma irregolare, verosimilmente di età longobarda, nei quali è stato praticato un foro per alloggiarvi i perni delle ante. Sopra i capitelli è impostato un arco di scarico che raggiunge il soffitto della sala. Nel vano della porta è stato ricavato un arco di dimensioni inferiori con funzione di battente. Meno rara – si ritrova nel monastero di San Benedetto al Subasio – è l’arcata dalla forma asimmetrica della parete opposta all’antico ingresso, con i conci dell’archivolto che s’impostano da un lato su una cornice tolta da un tempio classico e dall’altro scendono fino a terra.

Elvio Lunghi

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