“‘Il coraggio di Vivere’ di Alessandro Parronchi (1914-2007), poeta, storico dell’arte e critico d’arte, fu considerato da Per Paolo Pasolini uno dei libri più belli del suo tempo. Conterraneo di Luzi e Bigongiari si distinse per la raffinatezza della parola e per l’ascolto sensibile alla vita interiore. Fu anche appassionato d’arte e studioso di maestri da van Gogh a Degas…Un autore di non comune statura anche in virtù di una straordinaria padronanza del mezzo espressivo.” (Maurizio Cucchi). Come afferma l’autore stesso per chiarire la sua poesia“ …L’oggi, il presente, rimane velato e quasi non si distingue, ridotto a una entità trascurabile…E mentre del futuro non si scorge che il vuoto, ecco il passato, non appena ci soffermiamo a guardarlo attentamente, apparirci vivo in ogni suo momento” (da ‘Poeti Italiani del XX secolo’, a cura di P.Tuscano e A. Frattini). Sempre dalla stessa Antologia:” …elemento vivificante resta quella sua fresca e persuasa facoltà di penetrare un certo disegno e quasi colore dell’anima, restituendolo, dall’interno stesso della natura illudente e deludente, quasi un doppio di realtà intravista e sognata”.
A che pensi?
‘A che pensi?’
La tua voce mi coglie
mentre guardo
il paesaggio rispecchiato
sul buio della stanza.
Per un poco
l’eco delle parole
si sospende al silenzio
che le fa
più gravi, poi:
‘A che pensi?’
E il tuo viso
si fa triste
per sapere, indagare…
Penso ai giorni d’aprile
che non io
ma un altro certo
ha vissuto
come in sogno,
ora richiusi
sigillati dietro
un vetro trasparente
in un verde
irraggiungibile deserto.
Penso a tutto ciò
che sfugge dal presente.
Penso a quando
sulla terrà
sarà come noi
non fossimo mai stati,
a quel vibrare
delle tremule
nell’aria,
a quegli odori…
A mio padre, in sogno
Sorridi un poco
e te ne vai pensoso.
E ad un tratto
con lacrime
mi chiedo
quando tempo è
che al petto
non ti stringo
non afferro da amico
quelle braccia.
La memoria ha
insensibili naufragi.
Scolora come
il cielo di settembre
sotto il vento
si popola di nubi.
Te ne vai.
Quante cose
all’improvviso
mi ritrovo da dirti…
E resto muto.
Ma perché nell’istante
che mi volto
non sei più là?
Ci sono tante cose
da dirsi…
Ed io
ti chiamo ancora,
e credo che
non può certo,
questo,
essere un sogno.
Un’ebrezza vorrebbe liberarsi
Un ‘ebrezza vorrebbe liberarsi
un silenzio volare
dal giro, troppo querulo
dei giorni.
Torni l’inverno,
tornino le piogge,
se già carezze e rose
dileguarono…
Non le ricerco più
neanche nel cuore,
se dal vento fioriscono,
scomparse le sento,
è come nulla fosse stato,
ora che
d’ogni scorsa primavera
il seme in sé
riassorbe la campagna,
ora che il cielo
è di nebbia
e sulle strade
di questo sogno
cadono le foglie.
Ti guardo dentro gli occhi
Ti guardo dentro gli occhi
e non ne trovo
il fondo
e vo a tuffarmici
in un giuoco di farfalla
che impazzita ritorna
a bruciarsi al tuo fuoco.
Forma riemersa
dalla notte,
forma d’un respiro leggero
inconsistente-
mente mosso
al tuo transito frequente
che in me non lascia
spirito che dorma
salvami,
la dolcezza mi riprende
questo vedere
solo in te la fine
d’ogni mio desiderio,
ecco ti perdo
nella notte di prima.
Tu negata mi sei,
quand’anche in riso
volte per amor tuo l’ore,
un inganno
i pensieri,
alla mia povera vita
contraddicano
gli anni.
E in questo buio
io non potrei volere
che tu fossi diversa,
come il vento
trova sempre
le stesse
alte spalliere di verde
e le ribacia eternamente.