19 Marzo 2025

§19 – In Cammino verso la Gente di Montagna

Enzo Boccacci
§19 – In Cammino verso la Gente di Montagna

Partivo di casa da Piazza San Rufino prima delle 7, per giungere a scuola in orario[11]. Attraversata piazza Nuova, porta Perlici, giungevo alla cava di pietra detta dei “Combattenti”, e deviando dalla comunale di Ponte Grande imboccavo la salita di casa Piombino, salutavo donne e uomini che erano affaccendati dall’alba nei lavori del mattino[12] ed essi rispondevano al mio saluto sempre con la stessa frase: «buon giorno, buona giornata, sor maè…» e le giornate, i mesi, gli anni, più di 20 alla Costa, sono rimasti nel mio cuore, indimenticabili perché tutti “buoni” e belli. Casa Piombino, oggi vuota e abbandonata[13], una volta era viva di casa contadina[14]. Oggi, con il suo aspetto ormai desolante, come altre della zona montana, mette malinconia, denuncia un mondo semplice che sta scomparendo. Sorpassata casa Piombino, per circa 4 Km. non incontravo altre abitazioni; superavo Col Funaio, le Macchie, Sasso Rosso, Costa Brutta, la Croce, Gli Arceri, Fosso Vall’acqua; ancora qualche centinaio di metri e raggiungevo casa Rosati, dove in un piccolo vano di 3×3, con la porta orientata verso il monte – tanto vento e freddo d’inverno – era l’aula che per circa 10 anni ci ospitò, fin quando l’Amministrazione Comunale non accolse la richiesta delle famiglie e quella pressante del maestro Boccacci, di costruire un piccolo edificio scolastico. La realizzazione dell’edificio dava soluzione ad un importante problema, uno dei più facili a realizzare in quegli anni. Ne restavano altri da affrontare e risolvere, tutti di grande importanza: acqua, luce, viabilità, assistenza, occupazione. Come già evidenziato, Costa di Trex, come tutto il territorio montano da Armenzano a Rocca Sant’Angelo, mancava di ogni elementare, indispensabile servizio. Erano servizi che altre popolazioni del Comune disponevano da sempre! Alla Costa, in tutta la montagna, esisteva solo lo spirito di sopportazione di gente buona, laboriosa, soprattutto dignitosa, che, con orgoglio, sapeva difendere, mascherando le povere condizioni di vita alle quali erano costretti dall’egoismo della società. Con essi iniziò la mia missione d’insegnante, e da essi appresi lezioni di comportamento derivanti dalle radici delle loro sane e genuine generazioni e delle loro ataviche tradizioni.

LE STORIE DELLA MONTAGNA

Ricordo i racconti di Cicio Feliciano, sapeva tutto del Monte Subasio. Mi parlava dell’azione benefica delle piante e delle erbe medicinali, di quelle aromatiche, delle usanze di vita e dei rapporti particolari degli animali e degli insetti del monte. Mi raccontava di quanto fosse squisita la frittata con i ciclamini o le viole, della bontà della carne di vipera con il conseguente effetto afrodisiaco; anche se non adoperava tale termine usava parole che davano con più chiarezza l’idea dell’effetto. Vi erano tante altre storie avventurose, ed esperienze avute nella sua vita che m’incantavano! Alcune erano vere, altre di fantasia che solo una mente viva, dotata di non comune intelligenza potesse, alla soglia dei novant’anni, illustrare con colorazioni e gesti che nessun altro attore di professione avrebbe potuto imitare. C’era la storia del vecchio Checco, padre di Adolfo e Enrico, quando fu assalito dai lupi[15] a Col Caprile. Seppe con coraggio affrontarli e metterli in fuga armato di solo bastone. Ricordo il racconto di Giacomino quando riuscì ad uccidere, a distanza ravvicinata e con un vecchio fucile, una lupa affamata per salvarsi, consapevole di non avere la santità di San Francesco per poterla ammansire! Per lunghe notti il compagno lupo ululò nei boschi della Piaggia, con l’intento di richiamare la compagna, che non avrebbe più risposto. Possono sembrare, questi fatti, favole come la favola di “Cappuccetto Rosso e il lupo” per chi legge oggi; ma non per chi ha potuto ascoltare dalla viva voce di personaggi particolarissimi e dei protagonisti dei fatti: è stata tutta un’altra cosa, come assistere a fuochi pirotecnici dai cento colori e dalla “voce fascinosa”. I racconti di vita vissuta di donne e uomini della Costa da parte di Ribicchio, Pillo, Giocondo, Natale facevano pensare a veri atti di eroismo e restava quasi impossibile credere che fossero veramente accaduti! Nessuno sa immaginare oggi la solidarietà che veniva espressa nel momento del male, della morte, del bisogno in genere. L’assistenza del malato e dell’anziano era effettuata in casa con cure e attenzioni dei tempi di allora, con l’amore profondo dei familiari e l’affetto, la spontanea disponibilità della parentela e degli amici. All’ospedale si andava solo a morire; se un episodio d’urgenza accadeva nella brutta stagione il mezzo di trasporto era la treggia, con tempi di percorso lunghi e di “cullata” agonia[16].

 


 

[11] Detto altrimenti, si tratta di una passeggiata di un’ora che in primavera o in autunno può avere i tratti bucolici gioiosamente descritti dall’autore, ma che con pioggia, neve e veneto può diventare un calvario. In questo tempo l’orario scolastico va dalle 8.30 alle 12.30, dal lunedì al sabato compreso.

[12] Giovanni Astengo, nella sua più volte citata relazione al Piano Regolatore Generale di Assisi, rileva come nel 1956 le rese per ettaro delle terre coltivate a frumento (coltura assai diffusa all’epoca) nella zona di Costa di Trex siano tra le più basse di tutto il territorio assisano, come d’altro canto quelle di tutte le terre coltivate sul versante settentrionale del Subasio. Lo stesso Astengo rileva come la scelta dell’Azienda Demaniale di valorizzare economicamente i pascoli del Subasio dandoli in concessione a privati non assisani abbia fortemente penalizzato gli allevatori locali di Costa di Trex (ma anche di Armenzano e Nottiano), impediti a dar corso alla tradizionale transumanza delle greggi.

[13] L’immobile citato corrisponde oggi all’attuale sede del Parco Regionale del Monte Subasio.

[14] Per quanto possa stupire oggi, il primo riferimento utile, e cioè il censimento del 1956, registra una demografia straordinariamente positiva vivace per Costa di Trex, che rispetto al censimento di 45 anni prima (quello del 1911) vede la propria popolazione incrementarsi del 50% circa, passando da 385 a 579 unità. Lo stesso fenomeno (pari a quello del popolamento della pianura, in termini percentuali) si riscontra a Porziano, mentre le altre frazioni montane risultano tutte con una demografia stagnante o in calo.

[15] I ripopolamenti recenti hanno oggi riportato sul Subasio specie animali scomparse, fra cui anche alcuni lupi benché si discuta se gli avvistamenti concernano davvero esemplari di questa specie, o solo cani inselvatichiti. All’epoca cui si riferisce il racconto di E.B. i lupi appartengono invece ancora alla normalità della vita in montagna.

[16] In un articolo di Ezio Genovesi dal titolo “Assisi al tempo del PRG Astengo”, pubblicato online nella rivista Assisimia il 17 gennaio 2023 e accessibile al seguente collegamento https://www.assisimia.it/speciale/assisi-al-tempo-del-prg-di-astengo/, si ricorda come nelfebbraio 1954 il settimanale cattolico «La Voce» avesse polemicamente pubblicato delle foto di malati che venivano trasportati al punto stradale più vicino adagiati su una treggia, o a dorso di mulo, come anche quella di un bambino portato dal padre sulle spalle fino allo studio del medico. Le foto, molto impressionanti, illustrano bene quanto riferito da E.B. e aiutano a misurare come, ancora negli anni ’50, per un problema di salute la gente della montagna di Assisi dovesse ricorrere a soluzioni tanto inadeguate quanto vecchie di molte centinaia di anni.

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