Ci sono domande che non trovano risposta perché non hanno un vero interlocutore, o ne hanno in eccesso. È ben questo il caso di quelle suscitate dallo tsunami che ha travolto negli scorsi giorni il centro storico di Assisi, sommerso quotidiamente per diverse ore ben oltre il livello di saturazione (turistica, urbanistica, acustica) da giubilanti masse intruppate. È davvero questo che vogliamo? Per quanto tempo questo impatto è sopportabile? E se si consolidasse e diventasse la normalità più o meno giornaliera?
D’abitudine in questi casi si tende a sparare (domande) sul bersaglio più grosso e tutto sommato più indifeso, cioè il Comune, sicuri di non sbagliare; ma onestà vorrebbe che i bersagli fossero molti di più, magari molto meno comodi. Scopriremmo così che per qualcuno che vive in una frazione e non lavora nel turismo le domande appena poste sono perfettamente ininteressanti; che per chi lavora vendendo food & drink, il numero dei turisti dovrebbe sempre e solo crescere, punto e basta; che per chi punta su un turismo di qualità (bella parafrasi inventata per significare, senza parere, un turismo di gente ricca) la risposta è sempre e solo “pochi ma buoni”; che i pochi residenti del centro storico vorrebbero essere teletrasportati altrove; che i poli di potere religioso gongolano involandosi verso il proverbiale settimo cielo; e via elencando…
Come reagire di fronte alle partigiane, ma non necessariamente convergenti ragioni di cui ciascuna di queste categorie si sente corazzata, spingendola a fare lobbying con i mezzi di cui dispone? Cosa chiedere al Comune, le cui buone ragioni consuete si concentrano nel fermo intento di non scontentare troppo nessuno?
Forse è tempo di prendere atto che è in corso da tempo una sorta di guerra civile sotterranea, il cui campo di battaglia è il centro storico e la cui principale vittima agonizzante è il senso di comunità: una cosa immateriale che quando c’è pare ovvia, e quando sparisce non si sa più dove cercarla.
Servirebbe quantomeno una immediata tregua negoziata. Nel frattempo, si giubila.