21 Aprile 2020

Chi ha inventato la processione del Cristo morto?

Elvio Lunghi
Chi ha inventato la processione del Cristo morto?

L’anno scorso un amico di penna – dovrei dire un amico di tastiera? – m’inviò una mail per dirmi di aver fatto un servizio fotografico sulla processione del Cristo morto e di volerne fare un libro per la Pasqua del 2020. Mi chiese insomma un breve testo introduttivo di una, due cartelle al massimo, e naturalmente dissi sì, perché le foto erano davvero belle e perché di solito non dico no a nessuno, naturalmente se il gioco vale la candela: le foto erano davvero bellissime, in bianco e nero come le facevo un tempo anch’io e come mi piacciono ancor oggi. Poi come al solito ho lasciato dormire la cosa, l’ho ripresa in mano questo gennaio e mi sono chiesto cosa mai potessi dire di nuovo sulla processione del Venerdì Santo ad Assisi. Comincio a invecchiare, ho 63 anni, la processione l’ho conosciuta sempre così e mi sono sentito ripetere da chi la fa che si è sempre fatta così. Diciamo che non mi ero posto il problema fino a questo gennaio – siamo pur sempre ad aprile – anche se mi sembrava strano che si potesse utilizzare un Crocifisso ligneo del secondo Cinquecento per una processione che vantava radici medievali, e per di più che la processione avesse per meta la chiesa di San Francesco che già di suo ha un Crocifisso di primo Cinquecento. “Non capisco, ma mi adeguo”: appartengo alla generazione cresciuta ridendo alle battute di “Quelli della notte”.

Cosa si dice ad Assisi? Che lo statuto trecentesco della confraternita di Santo Stefano spiega come i confratelli si recassero in quel tempo, con indosso le vesti della confraternita, nelle chiese di San Francesco e della Porziuncola, recitando le laude lacrimose e i canti dolorosi di Maria, per far intendere al popolo più le lacrime che le parole: “In hora autem prime omnes induti vestibus vadant ad ecclesiam beati Francisci et beate Marie Angelorum lacrimosas laudes et cantus dolorosos et amara lamenta Virginis matris vidue, proprio orbate filio, cum reverentia populo representent, magis ad lacrimas intendentes, quam ad verba vel voces”. La stessa notizia è ripetuta negli statuti trecenteschi di altre confraternite di Assisi. In pratica dal XIV secolo il popolo di Assisi cominciò a recarsi in processione verso San Francesco vestiti delle vesti delle confraternite e innalzando Crocifissi e gonfaloni: fu questo l’inizio della grande stagione del teatro religioso medievale, come scrisse Angela Maria Terruggia chiarendo in quale occasione e in che modo si cantassero le laude in questa città.

Se vediamo come si svolge oggi la processione del Venerdì Santo, cos’è che non va? Non va che nel Trecento ogni compagnia partiva dal suo oratorio, portando ciascuna le proprie insegne, cantando ciascuna i propri canti, e magari portando ciascuna la propria croce. Oggi invece la processione parte dalla cattedrale e attraversa le vie della città portando un Crocifisso rinascimentale e una statua della Madonna barocca. In passato mi sono occupato di questo statua e del suo autore studiando la chiesa cattedrale di Assisi. Mi sono anche occupato delle processioni medievali e dei Crocifissi lignei utilizzati nel loro corso. Non mi sono mai occupato della processione odierna di Assisi. Devo però dire di aver visto e fotografato Crocifissi del XVI secolo nella gran parte delle chiese parrocchiali in ville e castelli dell’Umbria. Dappertutto s’incontrano altari privilegiati con esposte sculture lignee dalle braccia fisse o mobili, a volte Crocifissi antichi rimossi dagli altari pretridentini, a volte Crocifissi cinquecententeschi appositamente commissionati per la nuova utilizzazione. Ad Assisi Crocifissi dalle braccia mobili per essere trasformati in “deposti” ne ricordo solo due: il Crocifisso della confraternita del Terz’Ordine in San Francesco e il Crocifisso della Compagnia del Sacramento in Cattedrale. Usualmente le statue erano deposte dagli altari per essere esposte nel corso della Settimana Santa all’interno di “sepolcri” oggetto delle devozione dei fedeli. Eccezionalmente erano condotti in processione all’esterno delle chiese, soprattutto per invocare la pioggia in tempo di siccità, ma anche per la cessazione di pestilenze o di guerre: “A bello peste et fame libera nos domine”.

Siccome sono stato sollecitato a dire la mia, ho fatto quello che so fare: sono andato in biblioteca in San Francesco, ho controllato alcune annate della rivista San Francesco Patrono d’Italia – ci sarebbe voluto più tempo per controllare alcune annate dei quotidiani locali – e ho chiesto a Stefano Cannelli alcuni opuscoli degli anni ‘50 del Novecento,  in un paio d’ore ho trovato quel che cercavo. Fino al 1957 non esisteva la processione del Venerdì Santo, non la si faceva dai tempi di Urbano VIII nel XVII secolo. Nel 1956 Pio XII decise di spostare le funzioni religiose della Settimana Santa dalla mattina alla sera, il vescovo di Assisi Placido Nicolini informò il suo clero della novità, e così nella Pasqua 1956 “A tarda sera, dalla Basilica di S. Francesco sfilava fino alla Cattedrale di S. Rufino la tradizionale Processione del «Cristo morto», che quest’anno è stata accresciuta di drammaticità per cura del Comitato della «Settimana Santa di Assisi», di cui era animatore l’Avv. Arnaldo Fortini, Presidente dell’Azienda autonoma del Turismo. La nostra Cappella musicale faceva echeggiare di tanto in tanto le note dell’antica lauda trecentesca: «Della crudel morte di Cristo – ognum pianga amaramente»”. L’anno seguente questo primo tentativo lasciò il posto a un vero spettacolo,  con intermezzi musicali che prevedevano il canto di laude medievali, il coinvolgimento delle confraternite e la presenza della televisione nazionale chiamata a riprendere la sfilata: “Alle ore 19 solenne Processione con Cristo deposto nel cataletto, dalla Basilica alla Cattedrale di S. Rufino, con intervento dell’Ecc.mo Mons. Nicolini, del Capitolo della Cattedrale, degli Istituti Religiosi e delle numerose Confraternite. La storica processione, ripresa quest’anno per televisione, si svolgeva al canto della laude medievale, che Frate Elia portò con sé quando da Assisi si trasferì a Cortona: Della feral morte di Cristo – ogn’uom pianga amaramente!”. Arnaldo Fortini era allora presidente dell’Azienda autonoma del Turismo. Pochi anni dopo, nel 1961, pubblicò una splendida ricerca storica, La lauda ad Assisi e le origine del teatro italiano. La Processione del Cristo morto l’ha inventata lui.

Certo io non c’ero, e se c’ero ero troppo impegnato a nascere. Però posso immaginare che i vecchi – e per vecchi intendo gli ottantenni, i novantenni – queste cose dovrebbero ricordarsele ancora, quando Fortini inventò la processione del Cristo morto. Indubbiamente si sarà fatto qualcosa anche prima, ma non nella forma spettacolare voluta dall’inventore del Calendimaggio, il personaggio più importante che abbia visto Assisi nel XX secolo. E allora, se qualcuno si ricorda come è nata questa messinscena neomedievale di una città che grazie a Fortini vive di turismo, perché non dirlo? Dicono si è sempre fatto così, ma quando ha inizio questo sempre? Perché ripetere la bugia delle radici medievali di una tradizione secolare che è nata in realtà soltanto nel 1957? E allora perché non tornare alle radici indagate da Fortini nel suo libro sulla lauda? Perché non recuperare i testi originali e rappresentarli nelle piazze di Assisi indipendentemente dalle processioni religiose? Se di teatro si tratta, perché Fortini era allora il presidente dell’Azienda turistica e puntava a far crescere l’offerta turistica della città, perché non fare vero teatro invece dell’odierna ricostruzione? Suggestiva sì, ma anche inventata, finta, persino imbarazzante nel sincretismo tra autentica partecipazione religiosa e parziale ricostruzione storica.

Oramai le dieci cartelline che ho scritto usciranno per la Pasqua dell’anno prossimo, quest’anno la processione non c’è stata. Le foto sono davvero belle, sono vere, realistiche, espressive, intense: l’anno prossimo saranno ancora più attuali. Sono foto di Andrea Cova, sono foto che parlano. La fotografia non è soltanto documentazione, è l’espressione artistica del nostro secolo. Però occorre conoscere lo strumento e saper cogliere luce e composizione. Personalmente ne sono avvalso per documentazione, non mi piace farmi bello delle penne altrui. Vale anche per l’odierna processione del Cristo morto rispetto alle sacre rappresentazioni dell’Assisi medievale! Che per dire funzioni funziona. Per secoli si sono portati in processione i Crocifissi per invocare la pioggia: tutte le volte che ricordo di aver camminato nelle strade di Assisi la notte del Venerdì Santo la pioggia l’ho presa, e come se l’ho presa!

Elvio Lunghi

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