19 Agosto 2021

Un’altra tradizione se ne va

Vincenzo Schiantella
Un’altra tradizione se ne va

Sono ormai due anni che la stagione musicale del “Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto” rinuncia alla rappresentazione dell’Opera principale al Teatro Lyrick di Assisi, interrompendo una tradizione che durava da molti anni. È vero che la pandemia ha giocato un ruolo importante nella scelta, ma il motivo principale è un altro: il costo dell’affitto del Teatro è troppo alto per le sempre più risicate casse dell’istituzione spoletina.
Per i pochi che non conoscono la storia del Teatro Lirico Sperimentale basti sapere che è la più prestigiosa realtà di divulgazione del “Bel canto” nella nostra Regione. Dal 1947 viene data la possibilità a giovani diplomati in canto, provenienti da tutta l’Europa, di partecipare ad un Concorso in cui una autorevole Giuria, formata da cantanti e musicisti affermati a livello internazionale, sceglie i più dotati che percepiranno una borsa di studio per partecipare ad un corso formativo di due anni.
In questo periodo, sotto la guida di cantanti, direttori, scenografi e registi di fama i vincitori hanno la possibilità di esibirsi in Opere classiche e contemporanee (queste ultime inedite) oltre che a Spoleto nei maggiori teatri dell’Umbria.

Tra i vincitori del concorso negli scorsi decenni si ricordano alcuni tra i più grandi nomi del panorama lirico internazionale come Franco Corelli, Rolando Panerai, Renato Bruson, Mariella Devia, Leo Nucci, Ruggero Raimondi e l’assisano Giuseppe Morino, solo per citare i nomi conosciuti anche dai non appassionati. Tutti hanno studiato e debuttato come “giovani promesse” nella piccola ma prestigiosa scuola di Spoleto e molti di questi tornano periodicamente per mettere a disposizione dei giovani studenti la propria esperienza professionale.

Ebbene, in un Comune come il nostro, dove sono stati spesi negli ultimi decenni importanti risorse per festival ed eventi di dubbia rilevanza culturale, non si riesce a rinunciare a poche migliaia di euro per permettere a questi giovani di esibirsi e concedere agli appassionati (che non sono così pochi come si vorrebbe far credere) di godere della visione e dell’ascolto di un’Opera lirica dignitosamente allestita almeno una volta all’anno.
Nell nostro ambiente, che spesso non vede più lontano del recinto del proprio orticello, abbiamo bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale e questa è possibile, in parte investendo in eventi di livello che abbiano anche un ritorno economico, ma soprattutto coinvolgendo e valorizzando le numerose associazioni cittadine e regionali (la maggior parte operanti senza scopo di lucro) che hanno offerto e continueranno, indipendentemente dai contributi economici, ad offrire spettacoli e concerti di livello dignitoso.
Per fare questo non servono investimenti ingenti, basterebbe, come nel caso in questione, tendere una mano e rinunciare a poche migliaia di euro di introito.
L’auspicio di chi scrive è che chiunque abbia l’onore e l’onere di guidare l’Amministrazione cittadina nei prossimi cinque anni si metta una mano sul cuore e l’altra sul portafoglio investendo nella divulgazione culturale che è stata la più grave lacuna degli ultimi decenni, ricordando soprattutto che tra un lustro ricorre il “Centenario Francescano”, occasione unica per dare un nuovo futuro turistico/culturale ad una città stancamente fossilizzata nel passato.

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