Nel piano prodotto da Colao, vengono dedicati ben 10 schede al turismo, in genere centrate, anche se troverete detrattori in ogni caso perché in genere il turismo soffre di frammentazione anche quando si parla di proposte.
In particolare una scheda mette in luce la necessità per gli alberghi individuali di unirsi in varie forme per fronteggiare meglio situazioni molto difficili, come questa pandemia ci ha dimostrato. È stimato che circa il 20% degli hotel chiuderanno per sempre e che essere in gruppo o in catena aiuta molta per affrontare tematiche che da soli avrebbero costi enormi.
Si pensi solo al costo di una campagna di promozione o una viralizzazione di un contenuto. La cosa importante però è ricordarsi cosa “funziona” e cosa può avere la forza di emergere.
Un marchio nazionale se non riesce a diventare internazionale, non serve a niente.
Così come non ha senso se il numero degli alberghi è limitato se prendiamo a riferimento la totalità degli hotel in catena in Italia sono oggi circa il 5%, del totale.
L’acquisto del prodotto alberghiero ha, presso tutti i target, leisure o business, cambiato radicalmente la sua attrazione, facendo rientrare nei criteri di scelta anche esperienza design e personalizzazione.
Uscendo un attimo dal turismo, si pensi alla produzione industriale dove oggi si può personalizzare un prodotto a piacere, in base ai propri bisogni. In questa fase i viaggiatori si aspettano lo stesso dal prodotto alberghiero, questo fenomeno è chiamato liquid expectation. Anche questo è un aspetto essenziale che l’hotel singolo non riesce a cogliere rischiando di rimanere indietro.
Le catene negli ultimi anni, hanno vissuto proprio questo passaggio attraverso la creazione di prodotti in base alle diverse tendenze del vivere e del design, che rispondono in modo variegato ai vari bisogni della clientela.
Non meno importante, anzi si può dire cruciale, è il discorso sulla distribuzione. Oggi se non si ha una distribuzione autonoma da affiancare alle OTA (Booking ed Expedia su tutti) non si ha una capacità di attrazione come catena. Quale interesse un albergo avrebbe ad associarsi ad un marchio se questo non porta niente di più che quello che porta già Booking?
La complessità ha portato i piccoli albergatori a dover affrontare tematiche e avere competenze mai possedute, che spesso la piccola dimensione fatica a “pagarsi”, quindi solo una catena con le spalle forti è in grado di sollevarti fornendoti servizi centralizzati, lasciando il momento della creazione di valore per il cliente all’albergatore e al suo staff, in buona sostanza restituendo all’albergo il ruolo suo storico: l’accoglienza.
Il senso dell’ospitalità deve essere appannaggio dell’imprenditore che è a tu per tu con il cliente insieme al suo staff, personale che diventa cruciale e centrale nella creazione di questo valore e che finalmente riconosciuto e non è vissuto come costo, ma come elemento differenziante.
È chiaro che la catena alberghiera è vista come un soggetto che ti instrada su un binario dettando delle regole e l’imprenditore medio italiano, ne è in genere refrattario, e più spesso non trova in queste del valore, facendo prevalere il: faccio meglio da solo perché per me è diverso.
Gli indipendenti, per quanto imprenditori illuminati, non riescono ad autoimporsi delle regole ed è per questo che il sistema nel suo complesso oggi sconta un gap di competitività notevole e su una bassa qualità complessiva, sebben con punte di eccellenza.
Ci sono molti albergatori avanti sia con il pensiero sia con l’azione, ma quanti ne conosciamo? 100, 200, 500? E su 33.000 quanto incidono? Perché è tanto difficile far capire ad un albergatore che il ciclo di vita del suo albergo non è dissimile da un prodotto e quindi a volte si dovrebbe prevedere che da un 4 stelle stanco e vecchio in una zona non primaria o secondaria, si passi ad uno ostello fresco e con le camere famigliari?
Questo tipo di riconversione e di ragionamento è veramente appannaggio di pochi e tra i pochi ci sono le catene che stanno aumentando la loro penetrazione ad esempio nel segmento budget
Di base c’è una mentalità che va cambiata a partire dalla separazione della proprietà dell’immobile dalla gestione. Oggi questa sovrapposizione fa credere che molte delle 33.000 aziende siano profittevoli e invece non lo sono, quindi sarebbe il caso che si accorpassero, per recuperare competitività. I processi ci sono e sono avviati ma serve tempo, in Italia tutto percola lentamente e a volte si ha l’impressione che sia proprio questo il nostro svantaggio, non l’essere piccoli ma l’essere lenti. Magari la pandemia ci farà accelerare.