Leonardo Malà, giornalista e scrittore – Perugia
Da Malatrasi a Evtushenko, da Sofocle all’Artusi, Antonio era un vagabondo dello scibile, si aggirava tra tomi, libelli e almanacchi con pantagruelica curiosità esistenziale, concettuale e pure pettegola, attratto e divertito dalla condizione umana, quella che condanna noi tutti a procedere spesso sul baratro del ridicolo.
Si aggrappava agli affetti come un gatto con le unghie, un po’ scomposto ma cercando di non fare male. Spudorato per una naturale propensione alla provocazione, generava sempre riflessioni contraddittorie che mettevano alla prova.
Nella sua riservata camera da letto c’era un materasso a una piazza, una rete, una finestra e il computer più potente al mondo: la sua mente. Nient’altro.
Ora è in una dimensione probabilmente più consona a lui, senza gli impedimenti che la vita terrena impone. Se vive nella luce sarà a suo agio per la velocità di pensiero che aveva. Vagherà interrogando lo spazio come Johan del suo “fratello per scelta” Ramberto, ancora più impertinente, imprevedibile, allegro e scanzonato come un palloncino. A noi il compito di sospingerlo coi nostri ricordi e il nostro affetto più dolce. Ricacciando indietro ogni forma di rammarico: come fai a bucare un palloncino?