Le ragioni di questa storia
Non ha visto molto della vita, Vittorio Rinaldi, nei pochi anni che ha vissuto: ventisei e qualche mese. Assisi, certo, dove è nato e cresciuto; Piacenza, dove ha prestato con onore il servizio militare; Latronico, in provincia di Potenza, dove è stato spedito al confino dal regime fascista. Di questi ventisei anni – davvero pochi – non ci è arrivato granché, giusto qualche vecchia foto sbiadita, sgualciti brandelli di memoria familiare, un nome su una lapide nel bel cimitero di Assisi. Ma rimane anche negli archivi un fascicolo di polizia, in cui si dà conto dell’episodio chiave della breve esistenza di Vittorio, consumatosi nella sera del 21 maggio 1937, e delle sue devastanti conseguenze. 1937, e quindi anche anno XV dell’Era Fascista, com’era d’obbligo scrivere in tutti gli atti pubblici dell’epoca.
L’episodio è presto riassunto: nel periodo più trionfante del regime tre giovanotti, per puro e simbolico gusto di provocazione politica, issano una bandiera rossa con falce e martello su una delle torrette della cinta muraria di Assisi, verso valle rispetto a Porta Nuova. Immediatamente individuati e arrestati subiscono la dura repressione poliziesca, pagando un prezzo altissimo.
C’è molto di più ovviamente da sapere, ma se lo si vuole ci si può fermare qui, a questa sintesi estrema che sembra fatta apposta per fare la gioia di romanzieri, sceneggiatori e tribuni specializzati sul 25 aprile. Oppure si potrà seguire, nei prossimi giorni, la pubblicazione di una serie di testi, che si propongono non solo di mettere a disposizione documenti e notizie, ma anche e soprattutto – e non certo con intenti revisionistici o minimizzanti – di arricchire il ventaglio dei punti di vista su questa vicenda e sulla breve parabola esistenziale di Vittorio.
Inoltre, chi vorrà, il 26 maggio prossimo potrà partecipare alla breve cerimonia che ad Assisi, in Borgo Aretino, accompagnerà la posa di una lapide alla memoria di Vittorio Rinaldi.
Appuntamento alle ore 18.00 all’oratorio di Santa Chiarella.