18 Maggio 2022

Seguire i soldi: Francesco di Assisi alla Porziuncola

Elvio Lunghi
Seguire i soldi: Francesco di Assisi alla Porziuncola

Come la vita di un uomo, anche la storia di un edificio non si limita al momento del suo concepimento,  al “Chi fuor li maggior tui?” come Farinata apostrofò Dante. La vita di un uomo è la somma delle occasioni particolari che lo hanno condotto dalla nascita alla morte. Sono le scelte di Farinata prima e dopo la battaglia di Montaperti che precede l’incontro con Dante nelle bolge infernali, e lo stesso vale per un edificio che sia stato via via modificato nel corso dei secoli. La Porziuncola ha l’aspetto delle tante chiesette rurali che un viandante poteva incontrare un tempo al centro di una valle o in un valico tra i monti. Qui c’era un incrocio di strade: una che sale verso Assisi, un’altra che conduce a Bettona, la terza a Foligno, la quarta a Perugia passando per il ponte della Bastia. Se ne incontrano ancora numerose in Valle Umbra: piccole costruzioni in pietra, con una porta ad arco tondo come ingresso principale, una più piccola quasi una feritoia per uscita laterale, l’abside semicircolare che termina con una calotta di lastre messe in piano, l’interno con una copertura di capriate lignee in vista. In origine queste chiesette erano quasi tutte coperte da una volta a botte per tutta la lunghezza della piccola aula, come risulta dalle impronte lasciate dalle testate dell’arco della volta a tutto sesto sulle pareti interne di facciata. Coperta da una volta a botte doveva essere anche la chiesetta di Santa Maria degli Angeli in località Porziuncola, a giudicare dall’arco semicircolare che s’intuisce nella disposizione del pietrame sulla parete di facciata, dove c’era un tempo un occhio a illuminare l’interno, mentre nel circuito della volta sopra la calotta absidale si aprivano un tempo tre piccole aperture ai vertici di un triangolo a significare la Santissima Trinità, più una feritoia verso oriente a far passare i raggi del sole che sorge per la festa dell’Assunta. Poi, qui come altrove, qualcosa è successo: un incendio, un terremoto, un coppo rotto che ha lasciato percolare acqua piovana sull’estradosso della volta facendola crollare. La Porziuncola era allora la chiesa più povera che i benedettini del monte Subasio possedessero nella Valle Spoletana, e fu allora che Francesco di Pietro Bernardoni, con gli altri matti che ne avevano condiviso la scelta di vita cristiana, uscendo di casa e vivendo in povertà, castità e senza nulla di proprio, vi si trasferì per non competere con un contadino che si era fermato con il suo asino nella stalla lungo un ruscello che veniva giù dal monte, dove quei poveri Cristi si erano fermati non avendo altro luogo dove posare il capo, come Maria a Betlemme un Natale di tanti anni fa. Francesco fu costretto a cercare un altro luogo dove ciascun frate potesse segnare il suo nome accanto al posto, accanto a una chiesa dove poter recitare la preghiera delle Ore che prima recitavano alla Maddalena, dove stavano i lebbrosi. Francesco chiese al vescovo e non ottenne risposta, chiese ai canonici della cattedrale idem, chiese infine all’abate di San Benedetto sul monte Subasio e questi gli propose”la chiesa di Santa Maria della Porziuncola, la più poverella che avevano… E sebbene fosse tanto povera e quasi in rovina, per lungo tempo gli uomini di Assisi e di quella contrada sempre ebbero grande devozione verso quella chiesa. (…) Sebbene l’abate e i monaci avessero concesso in dono al beato Francesco e ai suoi frati la chiesa senza volerne contraccambio o tributo annuo, tuttavia il beato Francesco (…) ogni anno mandava al monastero una corba piena di pesciolini chiamati lasche. E ciò in segno di sincera umiltà e povertà, affinché i frati non avessero in proprietà nessun luogo”. Chissà dove le pescava? Le lasche! E soprattutto chi le pescava, e con quale lenza. Era una chiesa tanto poverella, tanto in rovina, che Francesco vi mise mano e le costruì una nuova volta al posto della precedente caduta a terra. E la fece a schiena d’asino, come la volta a ogiva nel San Damiano del colle panoramico soprastante. O la fece a schiena d’asino in onore dell’asinello che aveva preso il posto dei frati a Rivotorto? Come sappiamo che la volta la fece Francesco con i suoi frati? Lo sappiamo dalla forma tutta storta che ha: volete che sapesse fare una volta in squadro? Ma soprattutto ce lo dice “Madonna Bona de Guelfuccio de Assisi” diciassettesima testimone nel processo di canonizzazione di santa Chiara, raccontando di quella che volta che “Anche essa madonna Chiara, mentre che era nel seculo, dette ad essa testimonia [per] devozione certa quantità de denari e comandolle che li portasse a quelli che lavoravano in Santa Maria de la Porziuncola, ad ciò che comperassero de la carne.”. Ecco, magari soldi non li avrà tirati fuori nessuno, salvo per la carne offerta da Chiara come companatico al termine del lavoro. Però almeno sappiamo chi fece l’opera e sappiamo che non costò nulla, perché fu fatta gratis et amore dei. Ma una volta terminata l’impresa, non vogliamo festeggiare? E allora viva viva la porchetta, su mangiamola in gran fretta. Non ci serve la forchetta. Trallallerollerolà! “Siate lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti.” (Fil 4, 4).

Elvio Lunghi

Parlo di storia dell’arte agli studenti stranieri di Perugia.

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