08 Luglio 2024

Nils Frahm

Chiara Santarelli
Nils Frahm
Foto di Karen Righi

Fusse che fusse la vorta bbona… Abbiamo impetrato umani e più che umani perché Passaggi Sonori diventasse una tessitura polifonica. L’eco di qualche altrui memoria l’abbiamo pure raccolto. Ma, finalmente, al n.100, dopo l’ennesimo iato, un altro sguardo, una diversa narrazione delle scie sonore che attraversano questi “nostri” luoghi. [Dionisio Capuano]

 

Il 29 maggio, al Teatro Lyrick per una delle 4 serate italiane del suo tour (Bologna, Pesaro, Milano e, appunto, Assisi), uno dei polistrumentisti più all’avanguardia del momento ha regalato al pubblico una serata indimenticabile, un viaggio musicale tra improvvisazione e introspezione.

Le luci di sala si spengono, lasciando però ancora bene in visione sul palco l’ampia gamma di strumentazioni, proposte agli occhi dello spettatore prima di tutto come un set da guardare, una specie di atelier sonoro. L’attesa in sala crea una tensione che affina le aspettative, fino a che, al crescere del silenzio, ogni rumore tace. Il pianista berlinese Nils Frahm, circondato dai suoi strumenti e dai sintetizzatori Moog in legno, inizia a suonare. La naturalezza con cui è riuscito a creare spazi di esistenza e di connessione, coinvolgendo il pubblico e passando per l’improvvisazione, ha confermato la sua notorietà nel panorama musicale elettronico e ambient, rivelando anche la sua inclinazione al jazz.

Nato a Berlino nel 1982, Nils Frahm ha iniziato i suoi studi musicali fin da giovane sotto la guida del pianista Nahum Brodski, allievo di Tchaikovsky. La sua carriera è caratterizzata da una costante sperimentazione e collaborazione con vari artisti, tra cui Anne Müller, Ólafur Arnalds e F.S. Blumm. Frahm ha pubblicato numerosi album, tra cui “Felt”, “Screws” e “All Melody”, che hanno ottenuto un ampio riconoscimento internazionale. Le sue performance live sono note per la loro intensità emotiva e la capacità di trasformare ogni esibizione in un viaggio unico e irripetibile.

Frahm comunica agli stati contraddittori della mente. Le sue esibizioni scavano nel profondo, accogliendo i momenti di frenesia, di tristezza e dell’innocente purezza di un io bambino che scopre il mondo, prima di smarrirsi tra i suoi rumori distorti e i suoi odori pungenti. Una serata paragonabile a una visione catartica. Pezzi di cielo si aprono e lasciano entrare spiragli di luce: la sala rimane inerme di fronte alla bellezza della natura e all’incontrollabile fluire delle cose.

Alla fine, in un modo o nell’altro, siamo spettatori che desiderano assorbire tutto. Siamo fatti di attimi assopiti che attendono di essere risvegliati. E Nils Frahm è un artista in grado di risvegliare questi attimi. Nello spazio di questa performance, circa un’ora e trenta minuti, si ricordano frammenti di esistenza dimenticati o si rendono nitidi immaginari desiderati, vicina a una semplicità primordiale. Il concerto si è rivelato un’esperienza talmente immersiva da invitare gli spettatori a riappropriarsi della propria essenza in modo naturale e spontaneo, permettendo la partecipazione a un rituale sonoro che sembra risvegliare memorie ancestrali.

In un’intervista per Sound Wall, Nils Frahm ha parlato della sua necessità di non avere mai perfettamente il pieno controllo della sua musica: “Il vero fascino del lavorare con la musica sta nel riuscire a sorprendersi di se stessi. A me piace perdere il controllo perché è in quei casi, e solo in quei casi, che puoi respirare finalmente una sensazione pura e assoluta di libertà, visto che sì, stai perdendo il controllo, ma lo stai facendo in un ambiente per te sicuro al cento per cento come la musica”.

Inibire il fluire incontrollabile dell’attimo è sicuramente ciò che Nils ha evitato durante la sua esibizione al Lyrick. Data la natura disconnessa delle sue tracce, potremmo dubitare dell’esistenza di una scaletta, che avrebbe in qualche modo veicolato troppo l’immaginario dello spettatore. Al contrario, l’altalenante diversità delle sinfonie è paragonabile all’intermittenza di una pioggia che smette di insistere durante la tempesta, che spazia fra caos e silenzio etereo, e che genera un confuso ma reale flusso di coscienza.

Frahm è solito registrare il suono del pubblico o l’influenza atmosferica dello spazio in cui si esibisce, cosa che è avvenuta anche durante l’esibizione al Lyrick. Ciò che contraddistingue Frahm è la preferenza per il rumore naturale e il campionamento di frammenti di realtà rispetto ad una post-produzione molto strutturata (rifiutandosi per esempio di usare denoiser). La sua musica si basa sulla funzionalità atmosferica delle registrazioni.

L’artista si circonda solitamente di un pianoforte verticale, leggermente modificato con feltro e altro, nel quale è incorporato un pickup. Poi, di solito, c’è un Fender Rhodes con alcuni pedali delay e, sopra, un synth analogico Roland Juno 60, che è collegato a un ritardo del nastro. Mentre il piano, nell’alternanza di note alte e note basse, spazia da momenti di eterea tenerezza a cambi di rotta malinconici, nelle tracce più elettroniche i synth conducono lo spettatore in spazi dinamici notturni, quasi catastrofici e senza identità.

Oltre al pianoforte a coda, anch’esso modificato, un altro strumento inusuale ha destato l’interesse di tutti gli spettatori: l’armonica di vetro.

https://www.youtube.com/watch?v=J44C184Dd7cù

La cosiddetta ‘Glass Harmonica’, inventata da Benjamin Franklin nel 1761, è composta da 37 ciotole di vetro di vario spessore e dimensione infilate orizzontalmente su un fuso di ferro che può essere girato tramite un pedale. Inumidendo le dita con acqua, il musicista può produrre fino a dieci note o accordi alla volta.

Lo strumento di Franklin fu presentato in anteprima mondiale nel 1762 e divenne estremamente popolare in tutta Europa, ispirando composizioni di celebri musicisti tra cui Mozart, il quale incontrò per la prima volta l’armonica di vetro durante una visita a casa di un amico di famiglia, il medico Franz Anton Mesmer, a Vienna. Fu infatti Mesmer a sfruttare al massimo le qualità eteree dell’armonica. Ciò a cui Mesmer si era dedicato erano le possibilità ipnotiche dello strumento, sfruttando sistematicamente le caratteristiche tonali suggestive dell’armonica per scopi medici, facendo sì che nei suoi saloni parigini accorressero folle entusiastiche all’idea di essere manipolate psichicamente dal noto medico. Alla luce di questo antefatto, è affascinante constatare come la musica di Frahm parli all’anima e sia capace di ipnotizzare il nostro io interiore.

Nils Frahm ha dimostrato di essere non solo un musicista straordinario, ma anche un alchimista dei sentimenti, capace di trasformare il suono in emozione pura. Una performance che mette a tacere la complessità, talvolta artificiosa, del mondo moderno e lascia spazio alla riscoperta di una bellezza essenziale e incontaminata: quella delle vibrazioni psichiche destate dalla musica.

Chiara Santarelli

Chiara Santarelli nasce a Roma nel 1999. Diplomata in lingue straniere, intraprende un percorso triennale presso l'Accademia di Belle Arti di Perugia, dove si laurea in Tipografia e continua, successivamente, la specialistica in Brand Design. Studiosa e praticante delle arti visive e performative, si avvicina al teatro e alla scrittura, in particolare modo alla poesia. Collaboratrice nella gestione curatoriale di festival. Amante della musica, on e off-stage, con particolare predilezione per l’approccio sperimentale.

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