Trovo un ristorante economico a Khulna, una delle principali città del Bangladesh.
Mi aspetta un esercito di camerieri che alla mia vista scattano in piedi sull’attenti.
Mi stanno addosso come mosche reagendo a qualsiasi mio movimento.
A uno di loro chiedo se posso ricaricare il cellulare. Mi libera una spina vicino al mio tavolo. Si accorge che ho un’immagine di Ganesh come salvaschermo.
Mi chiede subito ‘Are you hindu?’
‘No, I am not but I really like Ganesh!’
In effetti non ci avevo pensato, sono in un paese mussulmano in cui i rapporti con l’India non sono idilliaci sin dal 1975 con la costruzione della diga Farakka sul fiume Gange messa proprio al confine con il Bangladesh.
Ordino ‘vegetable fried rice’ e un po’ di verdure bollite.
Il cameriere mi guarda sorridendo. ‘I know, you have a problem with your stomach’.
Annuisco. Mangio con calma e poi mi immergo di nuovo nella città.
Khulna è molto più piccola di Dhaka ma sembra conservare lo stesso spirito vibrante.
Passo di fronte all’università .
Un gruppetto di studenti armati di tubi a tracolla e disegni alla mano parlano tra loro animatamente.
Mi avvicino presentandomi. Rafid, Suraya, Golan, Sujana e Rifatul studiano architettura al primo anno.
Nishat è la loro tutor, sta finendo il suo ciclo di studio quinquennale.
Ci tiene subito a mostrarmi il suo ultimo progetto, un grattacielo alla Zaha Hadid, la sua architetta preferita.
‘I met her in Venice a long time ago!’ le dico mentre i suoi occhi brillano.
Mi trasmettono subito una bella energia.
‘About ten years ago I was an architecture student like you!’, sento il loro entusiasmo crescere.
Mi invitano a visitare la loro università e l’aula studio dove hanno i loro progetti.
Mentre salgo, una scia di altri studenti curiosi si aggiungono, sembra una delegazione diplomatica.
Mi presentano ad un loro professore che prova a tenermi un po’ con lui per intraprendere una conversazione. A me non interessa, voglio stare con i ragazzi.
Saluto velocemente e faccio cenno a Nishat di continuare.
Saliamo all’ultimo piano dove ai bordi delle aule sono ammassati una montagna di plastici con la riproduzione in scala di edifici, quartieri e brani di città.
Entriamo nell’aula, un caldo micidiale ci assale. Una fila di banchi vuoti armati ciascuno dotati di tecnigrafi, qui ancora si disegna a mano.
Suraya e con il suo grazioso visino sorride illustrando i suoi disegni appesi al muro. Si stanno esercitando con il disegno a mano libera.
Usciamo e gli propongo di fare un giro insieme in città.
Nishat accetta subito proponendomi di visitare il new market come prima tappa.
Gli altri ragazzi hanno lezione di fisica tecnica tra dieci minuti quindi preferiscono fermarsi.
Mi salutano con affetto. Poco dopo li vedo confabulare. Di corsa tornano all’ascensore bloccando la chiusura delle porte.
‘We changed our minds! We can learn more on the street with you!’.
Come si fa a non adorarli? Penso tra me.
Li ringrazio e mentre scendiamo gridiamo insieme ‘freedom, freedom freedom!’.
Mi portano subito a prendere un tè al nuovo mercato proteggendomi dalle incursioni di bambini e mendicanti che si avvicinano curiosi.
‘I am the only westerner for many miles’. Non mi fanno pagare nulla braccandomi in tre.
Prendiamo un tuk tuk e stipati come sardine tra canti e risate corriamo verso Shahid Hadis Park
শহীদ হাদীস পার্ক. Un parco bellissimo pieno di persone.
Nishat mi spiega come ogni città in Bangladesh ha una piazza come questa con al centro la stessa scultura con quattro elementi verticali che simboleggiano una madre con sotto i suoi figli. È un luogo importante che ricorda un momento decisivo della storia di questo paese.
La rivolta degli studenti nel 1952 per preservare la loro lingua dopo la decisione del governo di imporre l’Urdu come idioma ufficiale.
Al tempo dopo la separazione con l’India nel 1948, Bangladesh e Pakistan erano fuse insieme.
Questo atto politico che costò la vita a molti ragazzi l’inizio di una scintilla che colmino con l’indipendenza del paese nel 1971.
Uno spazio vivo e simbolico.
Le recenti proteste degli studenti contro il governo nazionali sono partite proprio da qui.
I ragazzi ne sono molto orgogliosi. Ci togliamo le scarpe per metterci a sedere vicino al monumento.
Golam ama cantare come suo padre e intona Amar Shonar Bangla আমার সোনার বাংলা di Rabindranath Tagore, grande poeta, scrittore e musicista indiano.
I primi versi della sua canzone sono stati scelti come inno nazionale del Bangladesh.
Mio dorato Bengala. Ti amo.
আমার সোনার বাংলা আমি তোমায় ভালবাসি।
Per sempre i tuoi cieli,
La tua aria, riempiono di armonia il mio cuore
Come fosse un flauto
চিরদিন তোমার আকাশ, তোমার বাতাস
আমার প্রাণে বাজায় বাঁশি।
In primavera, o madre mia,
La fragranza dei tuoi boschi di mango
Mi rende pazzo di gioia,
Ah, che emozione!
In autunno, o madre mia,
Nel pieno fiorire delle risaie
Ho visto ovunque il diffondersi di dolci sorrisi.
ও মা, ফাগুনে তোর আমের বনে
ঘ্রানে পাগল করে মরি হায়, হায় রে!
ও মা, অঘ্রানে তোর ভরা খেতে,
আমি কি দেখেছি মধুর হাসি।।
Ah, che bellezza, che ombre,
Che affetto, e che tenerezza!
Che morbido tessuto hai steso
Ai piedi degli alberi di banyan
E lungo le rive dei fiumi!
কি শোভা কি ছায়া গো,
কি স্নেহ কি মায়া গো–
কি আঁচল বিছায়েছ বটের মূলে, নদীর কূলে কূলে!
O madre mia, le parole dalla tua bocca
Sono come nettare per le mie orecchie.
Ah, che emozione!
Se la tristezza, o madre mia,
Getta un’ombra sul tuo viso,
I miei occhi si riempiono di lacrime!
মা, তোর মুখের বাণী আমার কানে লাগে
সুধার মতো
মরি হায়, হায় রে মা, তোর বদনখানি মলিন হলে
আমি নয়ন জলে ভাসি।।
Mi fermo a pensare. ‘Dove sono? Non posso crederci’. Sento la storia.
Seguivo le vicende di questi ragazzi dai giornali. E ora, sono qui con loro nel cuore del loro paese. Provo gratitudine, emozione e gioia che esprimo in silenzio dentro di me mentre li guardo con gli occhi di un genitore orgoglioso dei loro figli.
Nishat insieme ai suoi amici ha partecipato per giorni e giorni alle proteste rischiando la vita.
Ma sentono la vittoria per aver fatto cadere il governo e aver portato una figura di prestigio come Yunus.
Li abbraccio forte. Ci lasciamo con una promessa. Tornerò per raccontargli i miei progetti e le ricerche in giro per il mondo come modo per ringraziarli della loro ospitalità. ‘No problem!’ escama Nishat entusiasta. ‘I will book the university room for you!’ .