Roberto Zechini, musicista e scrittore – Fermo
Ho scritto e pubblicato il brano ‘il mentecatto’ nel 2009.
Il riferimento – più volte esplicitato durante i tanti concerti in giro per il mondo – è Gesù Cristo. Il significato della parola italiana ‘mentecatto’ è nella matrice latina ‘captus in mente’, rapito nella mente, come deve essere stato Gesù Cristo nel giudizio dei Farisei quando lo appellarono come bestemmiatore. Poiché colui che non si assoggetta al giudizio collettivo – né lo teme – ma solo a quello della propria coscienza, è già sempre un mentecatto. Io e il mio amico Antonio Michettoni abbiamo più volte discusso di questo: io spesso l’ho appellato ‘mentecatto’ in questo senso. E lui me. Il segreto più recondito della nostra intesa non era però nel comprendere alla perfezione l’esegesi del vocabolo. Esso era più lieve e profondo: entrambi sapevamo – senza averlo mai spiegato, né dovuto dire – che non vi è alcuna malinconia nella figura del mentecatto, non vi è alcun romanticismo nascosto. Il mentecatto non ha nulla da perdere, né da vincere. Nulla da dimostrare. Può indossare una corona di spine infilzata in testa, avere le mani bucate da chiodi, circondato dai Farisei e dai Romani che lo appellano come bestemmiatore, e continuare a sorridere, riflettere, studiare, ragionare, argomentare ipotesi e, soprattutto, coltivare l’Altro, anche colui che lo insulta, sempre come l’Amico. Professore, se adesso Ramberto – come quella sera che ti eri perso in macchina e non riuscivi a raggiungerci – ti dicesse al telefono: Anto’! Ti guido io: Dimmi quel che vedi! Tu, senza alcun dubbio, nonostante tutto, risponderesti: Vedo l’Umbria!