Stefano Mora, musicista – Milano
Io, Antonio, il Professore, lo conoscevo da tanto tempo. Ci vedevamo poche volte, forse tre o quattro all’anno. Sedevamo, a volte uno accanto all’altro, a cena da un amico che ci ha fatto diventare amici. Mi rimane la constatazione della sua, forse troppa, sensibilità, la comprensione per le sue debolezze e una grande ammirazione per la sua sapienza; che era, a volte, erudizione; come quando ci raccontava di una partita di calcio per la qualificazione ai mondiali giocata alle quindici e trenta di un preciso giorno di un determinato anno di qualche decennio fa, in cui, proprio in quell’esatto minuto un gol di Domenghini sancì la vittoria della nazionale italiana; e poi, si trasformava in cultura universale, come quando attraversammo a piedi la Galassia dopo aver contato le gocce dell’oceano Pacifico per poi assistere alla battaglia delle Termopili o entrare in una strana città attraverso un fumetto. Poi, di nuovo Boninsegna, qualche aneddoto buffo sul nonno militare, e una grande attenzione per non perdere l’ultimo pezzo di quella squisita pietanza accompagnata da un ottimo vino. E, dopo tutto questo, un improvviso sonno dal quale ti destavi solo per tornare a casa. Ora, non ti sveglierai più. Ci mancherai!