01 Dicembre 2019

Che t’ha portato ‘l Bambinello?

Pier Maurizio Della Porta
Che t’ha portato ‘l Bambinello?

“Che t’ha portato ‘l Bambinello?” era la domanda usuale che nelle nostre zone si faceva e si sentiva fare dalla mattina del 25 dicembre, Natale, fino almeno al 5 gennaio, normalmente indirizzata ai bambini, ma scherzando se la rivolgevano anche tra adulti. Questo fino a qualche decennio fa, perché a portare i doni da noi era Gesù Bambino, fino a che non è stato sostituito con un vecchio signore con la barba bianca vestito di rosso, trasportato da un camion tutto rosso pieno di luci e sponsorizzato da una nota bibita gassosa e dolcissima americana, Babbo Natale la notte di Natale gira il mondo portando doni ai bambini più o meno buoni. Anche lui si è modernizzato prima girava con una slitta volante tirata da magiche renne volanti, ma vuoi mettere la comodità di un moderno autoarticolato, meno poetico forse,ma se accompagnato da una musica giusta ben suonata e ben cantata,può indurci a  dimenticare per una notte i problemi personali e planetari in cui siamo immersi fino all’annegamento. Anche lui Babbo Natale, Santa Claus, è cambiato molto da quando si chiamava san Nicola, vescovo vissuto nel terzo secolo forse grego di origine e proveniente da una zona identificabile con l’attuale Turchia, è diventato un rubizzo, corpulento simpatico signore che scende dal Polo Nord, o dalla Lapponia per dispensare doni. A Bevagna cittadina vicina ad Assisi, fino a trenta quaranta anni fa i doni li portava san Nicola, Santo protettore della città, ma vestito in modo più sobrio di Santa Claus, senza renne e senza camion rosso.

Da noi comunque era Gesù Bambino il dispensatore dei doni natalizi, quelli aspettati con trepidazione dai bambini la notte di Natale e quelli auspicati dagli adulti per la risoluzione di qualche problema o per una vita migliore. Era certo un Natale più semplice quello che si viveva in un passato prossimo, appunto qualche decennio fa’, con meno “luci”, ma  forse più carico d’emozione. Gli anziani ci raccontano commossi quali fossero le tradizioni legate al periodo natalizio, tradizioni che ci sono tramandate anche attraverso gli scritti di sensibili raccoglitori delle testimonianze di cultura popolare come Don Vittorio Falcinelli, Bruno Calzolari, Francesco Santucci.

La festa cominciava giorni prima della ricorrenza calendariale con la preparazione del presepe, naturalmente prima che l’uso di origine anglosassone dell’”albero di Natale”,  si sovrapponesse alla tradizione del presepe: venivano tirate fuori le statuine, altre nuove se ne compravano, si raccoglieva il muschio per preparare la rievocazione dell’”evento mirabile” sia nelle chiese  che nelle case . Una tradizione che si rinnova ogni anno da quello che viene indicato dalle legende francescane come il primo presepe della storia, realizzato a Greccio da san Francesco nel 1223.

 La  Sacra Famiglia ispira da sempre pietà e devozione,  come viene espresso anche dal testo di  filastrocche e canzoncine in  vernacolo recitate dai bambini o per i bambini la notte della Vigilia

Maria lavava Giuseppe stenneva

‘l fijo piagneva pel freddo ch’aveva.

Sta zitto mio fijo che ‘n collo te pijo

la zinna te do.

Evviva Maria e chi la creò.

Anche il personaggio di San Giuseppe non sfugge all’attenzione della poesia popolare ;

San Giuseppe vecchiarello

porta ‘l foco sotto ‘l mantello

pe’ scallare Gesù bello

Gesù bello se scallava la Madonna dipanava,

dipanava ‘l refe fino

pe’ fa’ ‘l vestito a Gesù bambino.

Per la vigilia era prescritto il digiuno, ma ben pochi lo facevano, limitandosi all’astinenza dalle carni. Salvo che in pochi casi il pesce consumato era il baccalà arrosto con le patate o con il sugo di pomodoro, in agro-dolce, con prugne, pinoli e uvetta  (uva passa), ma alcuni come mia nonna ritenevano che l’uvetta fosse eccessivamente dolce e non ce la mettevano; altri preparavano l’anguilla marinata o allo spiedo. Come dolce erano proposti maccheroni dolci, ma in alcune case era preferita la rocciata assisana, altrove chiamata “attorta” o “’ntorta” come nelle campagne del folignate, una sfoglia farcita di mele, uvetta, noci e un po’ di cioccolato, arrotolata e talvolta decorata con zucchero e alchermes, non leggerissima, nemmeno i maccheroni dolci lo erano, ma nel giorno della “festa delle feste” un po’ di “disordine” alimentare era permesso, portato poi a compimento il giorno dopo, con il pranzo del 25 dicembre, in cui venivano serviti  tagliolini in brodo, in tempi più recenti sostituiti dai più ricchi cappelletti di carne, carni lessate, quelle con cui era stato fatto il brodo e per chi poteva permetterselo anche arrostite, il tutto accompagnato da buon vino e per finire: frutta secca e dolci vari seguendo la tradizione. Comunque non era solo la festa della grande abbuffata era l’occasione, quasi una prescrizione, per vedere parenti e amici, vegliare insieme, per alcuni pregare insieme e concedersi forse una “bontà” facile una volta all’anno per pensare a chi aveva di meno, ma almeno una volta  all’anno si poteva e si doveva non pensare solo a se stessi, così le feste di Natale rimanevano nel cuore e qualche volta nello stomaco della gente per qualche giorno.

In alcune famiglie la sera della vigilia, prima di andare a letto, i bambini preparavano il fieno e un po’ di frutta per il somarello su cui Gesù Bambino si recava a portare i doni di casa in casa. Chi poteva ed era vicino alla chiesa andava alla messa di mezzanotte. Altri restavano “a veglia”, mentre nel camino bruciava il ceppo di natale, i cui resti, in alcune zone montane, venivano legati a un filo e trascinati, prima che spuntasse il sole del primo giorno di gennaio, intorno al pollaio e alle gabbie dei piccoli animali, perché si credeva che questo “rito” preservasse dalle incursioni delle volpi e di altri predatori. Per giorni, dunque, le persone incontrandosi si domandavano <<Allora che t’ha portato ‘l Bambinello>> e prima di passare all’elenco di eventuali regali veri, la risposta quasi scontata era <<Speramo: pace serenità e salute. Che vole di più? (che vuoi di più)>> avevano ragione, la saggezza popolare sa conservare la coscienza di ciò che è essenziale ; ma oggi aggiungerei nel sacco dei doni, se possibile, un po’ di buon  senso di cui il nostro disordinatissimo mondo ha tanto bisogno.

Pier Maurizio Della Porta

Funzionario Archivista di Stato presso l'Archivio di Stato di Perugia, anche dopo il recente pensionamento continua ad amare occuparsi della gestione e dello studio di documenti che riguardano la storia di Assisi e del territorio.

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