La tendenza all’uso di eufemismi ci fa preferire la parola anziano al posto di vecchio. Allo stesso modo diciamo “male incurabile” e non “tumore”. Oppure: “ha subìto un colpo alle parti intime” anziché “ai testicoli”, “cattivo odore” invece di “puzza”, “ci ha lasciato” in luogo di “è morto”. Ipocrisie frutto di una visione inconsciamente performativa del linguaggio: si pensa in fondo che la lingua crei e non si limiti a descrivere.
È vero che anziano si acconcia soprattutto all’umano. Vecchio è l’aggettivo che funziona anche con gli oggetti: vecchio scarpone, vecchia casa, vecchia storia. Ora però si tratta di capire quando si diventa anziani. Ha una sua importanza perché finora l’entrata in età anziana è coincisa, più o meno, con l’età pensionabile: 65 anni, così dicono i parametri statistici.
Si prevede che nel 2045 un terzo della popolazione sarà anziana e la società di geriatria che ti propone? Che si diventi anziani a 75 anni. Il pensiero successivo: non è che anche la pensione, quindi, verrà spostata a 75 anni?
A scanso di equivoci e per evitare di incorrere in una tale sciagurata decisione suggeriamo al momento giusto di usare, per sé e per gli amici, direttamente la parola vecchio, perché pur essendo meno elegante è slegata dall’età pensionabile.
Nelle società efficientiste, soprattutto in tempi di pandemia, si fatica a dare un posto a chi non è abbastanza dinamico e pienamente inserito nel ciclo produttivo. E allora come definire il ruolo degli anziani e dei vecchi? Si dice che sono maestri, saggi, esperti, pazienti, sereni. Ci sono anziani insopportabili che non hanno nessuna di queste qualità.
Ma la vita è di per sé un mondo, sempre prossima al miracolo e allo stupore e perciò non c’è un tempo per la sua fine. Anche ad Assisi. Anche con il virus.
Anziano – brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta
La parola anziano ci arriva dal latino parlato anteanus, formato da ante (che significa ‘prima’) e dal comunissimo suffisso -anus (tipico per i nomi di abitanti, come nel caso di assisano). Anteanus evolve quindi verso la versione antianus, dove nel passaggio all’italiano il nesso -tj- si trasforma in un suono sconosciuto al latino, la z: ed eccoci arrivati ad anziano. Nulla di straordinario, lo stesso è accaduto ad esempio in ozio, derivato da otium, o in spazio, derivato da spatium. È bello ricordare, in un’epoca in cui il giovanilismo la fa da padrone, che la prima attestazione di questa voce in italiano col significato di ‘persona di età avanzata’ è nel Filocolo di Boccaccio, in cui si legge: “ché ancora che io sia anziano, son io a gravissime fatiche possente più che tali giovani”.
Anziano – suggerimento musicale a cura di Simone Marcelli
Un brano che, con dolcezza e semplicità, ha incantato il mondo… nato cinquanta anni fa, il celebre dialogo musicale tra padre e figlio viene qui riproposto in una nuova versione, uscita lo scorso anno: in essa, con un interessante gioco di montaggio delle tracce vocali, Yusuf/Cat interpreta il padre e la voce di Cat/non ancora Yusuf, così come fu registrata nel 1970, resta ad interpretare il figlio. Quasi a sottolineare che le nostre insofferenze giovanili riceveranno un dono prezioso dal Tempo: diventeremo anziani, anche senza rendercene conto…
Ascolto: Father and son
Artista: Yusuf (Cat) Stevens – [Tea For The Tillerman, 1970 – 2020]