A marzo conviene aver due ombrelli, uno per i giorni brutti e uno per i belli. Così recita un popolare adagio volto a rammentarci quanto sia malfermo il tempo del terzo mese d’ogni anno benedetto. Il sole di primavera può bene indurti a uscire, salvo dover trovare facile riparo allorché il cielo volge ad acqua in un batter di ciglio. Nessuno dovrà fare i conti con le infinite piogge autunnali né con i violenti temporali estivi, eppure tutti si potrebbero leggermente mollare. Si molla la gente che di regola non molla e vuole prendere una boccata d’aria, sentendosi prigioniera, tra le domestiche mura, cambiando la stagione.
Quanti varcano l’uscio noncuranti dell’alterno meteo, al massimo rischiano uno sgrullo, ovvero un’acquata a goccioline pungenti ma non infradicianti.
Azzarda molto di più chi non esce e, magari mentre sgrulla la tovaglia, viene colto nel rassicurante tinello di casa da ben altro sgrullo, quando la terra trema forte e ci scuote tutti.
Col chiaro intento di contenere ogni sgrullo, nessuno escluso, un tempo Assisi si era dotata di Vespasiani alle Porte della città. Ti davano il benvenuto rumoreggiando a Porta San Francesco similmente a Porta Nuova ed erano il primo vero sollievo alla fine di ogni viaggio. Sopra e Sotto in tanti ne beneficiavano, con distinzione di sesso ma non di rango: i contadini che si inurbavano per qualche ora, i pellegrini che raggiungevano la santa meta, gli avventori delle osterie che consumavano otri di vino più capienti delle loro vesciche. Ogni segreto angolo dei millenari vicoli avrebbe potuto garantire al viandante solo una minzione veloce e sgocciolante, più confortevolmente, i pubblici orinatoi assicuravano un compiacente sgrullo senza provar vergogna e lasciar traccia nei mutandoni o nei calzoni.
Tra quanti non hanno perennemente la puzza sotto il naso, è vivo un dibattito circa la possibilità di ripristinare le antiche toilette di strada. Potrebbero preservare i monumenti del sito Unesco dalla corrosione dell’acido urico e offrire ai visitatori una accoglienza all’insegna della più sincera ospitalità, senza costringerli a pagare la mini tassa di soggiorno presso gli introvabili gabinetti pubblici, per delle ineludibili esigenze fisiologiche. In verità, alternativamente a questo francescano pensiero, c’è chi prende le distanze dalle facili fragranze che olezzano quando lo stimolo non sente ragione. Almeno nel parlare di piazza, viene alimentata una prospettiva decisamente più bernardoniana, ponendosi con freddo calcolo perfino di fronte alla tiepida incontinenza. Per esperienza, le persone, non afflitte da ipertensione arteriosa o aritmie cardiache, prendono in media due caffè al giorno, mentre urinano dalle quattro alle sei volte tra mattina e sera. Ecco allora che il principio della fraterna accoglienza potrebbe essere declinato offrendo il caffè in tutti i bar, purché preventivamente autorizzati a far pagare per consegnare la chiave del bagnetto. Sarebbe comunque un gentile passo avanti, visto che oggi si paga tanto per bere quanto per orinare. L’idea merita un approfondimento per venire meglio centrata, come sempre si deve nel vaso o i problemi ritornano al naso.