12 Gennaio 2023

La campanella del Vescovo Nicolini

Paolo Mirti
La campanella del Vescovo Nicolini

Cinquanta anni fa moriva a Trento Monsignor Placido Nicolini storico Vescovo di Assisi

Dopo la morte avvenuta a Trento il 25 novembre 1973 di Monsignor Placido Nicolini che era stato per quarantacinque anni Vescovo di Assisi, Don Giovanni Rossi in un suo bellissimo articolo apparso su La Rocca lo descrisse come un uomo che aveva” la nobiltà di un autentico benedettino e la povertà di un vero francescano”.

Eppure quando l’11 novembre 1928 Monsignor Giuseppe Placido Nicolini originario di Villazzano di Trento proveniente dall’Abbazia Benedettina di Cava dei Tirreni si insediò come nuovo pastore della Diocesi di Assisi si trovò di fronte ad una città con un’immagine pubblica di grande prestigio ma caratterizzata anche da una realtà interna con diverse criticità.

Non si era ancora spento l’eco delle grandi celebrazioni per il settimo centenario della morte di San Francesco di Assisi (1226-1926) che avevano proiettato Assisi in una dimensione internazionale sulla scia dei grandi valori spirituali del suo illustre concittadino. Anche il clima culturale attorno alla figura storica di San Francesco stava profondamente mutando in quegli anni, ed il santo assisano dopo secoli di appannamento aveva ripreso a suscitare un profondo interesse in tutto il mondo anche al di là dei confini della cultura cattolica.

A fronte di questa situazione esterna così promettente e ricca di stimoli positivi faceva tuttavia da contraltare una dimensione interna tutt’altro che ottimale. Il predecessore di Nicolini, Monsignor Ambrogio Luddi, aveva segnalato al Presule trentino prima dell’insediamento tutte le criticità che avrebbe trovato al suo arrivo, consigliandolo addirittura di non accettare l’incarico. Gli aveva dipinto un quadro in effetti tutt’altro che rassicurante: una popolazione indisciplinata con una condotta di vita di incerta moralità, un clero apatico e pigro, la sede del Vescovado fatiscente.

Tuttavia, nonostante le preoccupazioni, il Vescovo affrontò con grande energia il suo nuovo incarico fedele al motto dell’Ora et Labora. Il primo grande successo diplomatico di Nicolini fu senz’altro la proclamazione di San Francesco Patrono d’Italia della quale fu uno dei principali artefici. Il Vescovo sentiva che i tempi erano ormai maturi per arrivare a questo passo. C’erano infatti tutte le condizioni politiche grazie al riavvicinamento tra stato italiano e stato del Vaticano che proprio dalla Città Serafica era partito durante l’anno delle celebrazioni francescane. La paziente tessitura comincio con un appello rivolto nel 1937 ai Vescovi ed agli Arcivescovi italiani per spingere ad inviare un voto al Santo Padre con la richiesta della proclamazione di Francesco Patrono D’Italia. Ben 166 Vescovi ed Arcivescovi risposero favorevolmente a questo appello e successivamente Nicolini inviò il voto ufficiale al Papa al quale seguì nel 1939 la proclamazione ufficiale di San Francesco Patrono d’Italia insieme a Santa Caterina da Siena.

Il nome di Monsignor Nicolini è indissolubilmente legato alle vicende degli ebrei salvati ad Assisi tra il 1943 ed il 1944. Fu lui infatti a coordinare il comitato clandestino di soccorso avvalendosi della preziosa opera di Don Aldo Brunacci, di Padre Rufino Nicacci e dei tipografi Luigi e Trento Brizi. Monsignor Nicolini per mettere al riparo i profughi ebrei assunse sopra di sé la grande responsabilità di far aprire le porte dei conventi, dei monasteri e, nei casi di estrema necessità, persino quelle delle clausure. Grazie a quest’opera di ordinario eroismo la città Serafica riuscì a proteggere i rifugiati ebrei dalla persecuzione nazista.” Non ci dimenticheremo mai di ciò che è stato fatto per la nostra salvezza– scrisse dopo la guerra il professor Emilio Viterbi che proprio ad Assisi aveva trovato riparo insieme alla sua famiglia- e lo racconteremo agli altri ed ai nostri figli: perché in una persecuzione che annientò 6 milioni di ebrei ad Assisi nessuno di noi è stato toccato”.

Passata la bufera della guerra gli ebrei di Trieste per ringraziare Monsignor Nicolini per l’opera salvifica svolta gli regalarono una piccola campana, ribattezzata la campanella degli ebrei, che ancora adesso compare nella residenza Vescovile e funge da campanello. Era un segno che intendeva rievocare i tempi bui della repressione nazifascista dove molti suonarono a quella porta ed a tutti venne aperto. Ecco, se c’è un tratto che riassume tutta la tempra umana e spirituale di Nicolini forse è proprio questo: la capacità di ascoltare le persone più fragili, di aprire le porte per mettersi al servizio del prossimo. Mai come oggi, in un tempo come il nostro segnato da mura innalzate, da guerre e da persecuzioni quel campanello continua a suonare. Speriamo davvero che la nostra comunità sia ancora in grado di correre alla porta e di aprire alle persone in difficoltà.

Paolo Mirti

Giornalista pubblicista è dirigente dell’area cultura del Comune di Senigallia. Nel 2007 ha pubblicato per Giuntina Editrice il romanzo storico “La Società delle Mandorle”. Nel 2016 ha curato per la Claudio Ciabochi editore la guida Assisi nascosta, camminando per la città di San Francesco.

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