Nell’incontro voluto da Papa Francesco, che ha radunato ad Assisi migliaia di giovani economisti da tutto il mondo, uno dei tavoli tematici ha preso sul serio la sfida della cura nel lavoro per creare un’economia a servizio della persona, della famiglia e della vita, rispettosa di ogni donna, uomo, bambino, anziano e soprattutto dei più fragili e vulnerabili.
È stato davvero emozionante trovare il riferimento ad un fatto avvenuto a Rivotorto in un articolo accademico in ambito economico. Infatti, circa 200 giovani di Economy of Francesco si sono dedicati al tema “Lavoro&Cura” e si sono ispirati al gesto di San Francesco che abbraccia i lebbrosi nelle campagne di Rivotorto. Un gesto scandaloso per i benpensanti e agiati committenti dei capolavori di Giotto, tant’è che se si entra nella Basilica Superiore di Assisi non si trova traccia di questo gesto. Oggi le cose non sembrano molto cambiate e le persone che si occupano dei propri interessi, che sia la carriera o una impresa, dato che nel pensiero comune risulta sconveniente curare[1] il prossimo. Inoltre, associare la cura ad un aspetto della vita e dell’economia come il lavoro, con tutti i suoi problemi di precarietà e di sfruttamento, rende il tutto ancora più complesso. Infatti, tra rivoluzione tecnologica, guerre e pandemie il lavoro è sempre meno e il lavoro di cura in senso stretto è spesso precario e mal pagato, quando è remunerato. Eppure, i giovani che hanno lavorato al tema non si sono fatti scoraggiare dalla realtà, l’hanno affrontata ed hanno scommesso in una economia dove il lavoro deve essere anche cura.
Il sintomo di una economia che non contempla la cura è la presenza di scarti: persone o oggetti espulse dal circuito sociale ed economico perché non interessano più a nessuno. Gli scartati sono i migranti, i carcerati, i poveri ma anche gli anziani, i disabili: tutte persone associate da una fragilità che le rende inutili agli occhi di chi vede il lavoro solo come un mezzo per estrarre valore dagli altri (e quindi anche dalla natura). La cultura dello scarto, denunciata con forza da Papa Francesco, è stata approcciata dai giovani di Work&Care cercando esperienze ed idee che già la stanno picconando per creare una cultura economica dignitosa per l’uomo e la natura.
Tra le esperienze più innovative che hanno analizzato c’è la start-up umbra Regusto, i cui servizi si rivolgono ad aziende ed enti no-profit per contrastare lo spreco alimentare. Se parliamo invece di intellettuali coinvolti nei lavori, è opportuno citare l’intervento della canadese Jennifer Nedelsky che ha rilanciato il suo “Part-time for all manifesto”, ossia la proposta di limitare le ore lavorative di ciascuna persona adulta per lasciare spazio alle attività di cura. L’obiettivo è educare le persone a contribuire all’assistenza dei familiari ma non solo. Infatti, una delle sfide è sensibilizzare le persone ad impegnarsi in attività per la comunità attraverso azioni pratiche come la pulizia di spazi comuni o oppure attraverso il dono di beni immateriali come il tempo alle persone sole. Una rivoluzione culturale, che sfida le persone a realizzarsi, a trovare soddisfazione e compiacimento sia nella carriera che nel servizio alla comunità familiare o cittadina. Perché, dopo tutto, il tema vero è impiegare bene il tempo che abbiamo, perché abbiamo una vita sola e va spesa per avviare processi utili per gli altri.
In attesa che i tempi siano maturi per istituire un part-time generalizzato, lo stimolo di Papa Francesco è di prenderci cura degli altri a partire dal nostro lavoro, come contemplato nel concetto di ecologia integrale alla base del suo pensiero. Infatti, unire lavoro e cura è un tema di coscienza, o in altre parola, la capacità di vedere le ferite del nostro tempo e prendersene cura. Questa è la storia di Josè Nivoi e dei suoi colleghi che, anche se non hanno partecipato all’evento di Assisi, richiamano l’immagine di un Francesco anticonformista per il bene del prossimo, fino a rischiare di rimetterci in prima persona.
Josè e i suoi colleghi lavorano nel porto di Genova e hanno scoperto che dal porto ligure transitano le navi di una compagnia, la Bahri, dirette nei teatri di guerra per il rifornimento di armi. La prima scoperta nel 2016, grazie a dei video della guerra in Libia che ritraevano dei mezzi con un codice applicato nel porto di Genova. Da quel momento è partito un lavoro di approfondimento, con l’aiuto di esperti, per comprendere se il traffico di armi dal porto di Genova fosse sistematico. Le verifiche hanno confermato che la compagnia, specializzata nel trasporto di armi, transita regolarmente da Genova. Di fronte a all’evidenza emersa, hanno deciso di organizzarsi e di astenersi dal lavorare su queste navi per non essere complici di una economia che causa dolore e morte ad altre persone nel mondo. Una scelta coraggiosa, perché oggi molti conflitti, anche i più crudi e tremendi, non sono definiti “guerre” secondo il diritto internazionale. Ciò impedisce il blocco del trasporto per legge[2] e l’attività dei portuali di Genova, encomiabile dal punto di vista etico, può avere conseguenze disciplinari perché lede gli interessi economici di chi si affida ai servizi del porto. Per questo motivo molte persone guardano con diffidenza alle azioni di Josè e dei suoi colleghi.Invece, Papa Francesco li ha indicati pubblicamente come esempio di chi si prende cura prima dei fragili e dopo degli interessi economici, consapevole che ogni conflitto armato è l’occasione per le aziende produttrici di testare sul campo l’efficacia dei loro prodotti.
In conclusione, il futuro del lavoro è minacciato dalla globalizzazione e dallo sviluppo tecnologico. L’Economia di Francesco si inserisce nel dibattito portando come vincolo la cura delle persone per trasformare le minacce in opportunità. I nodi sono ancora lì, in attesa di essere sciolti con il contributo di tutti, e in questo articolo ne abbiamo riportati alcuni. Per chi volesse approfondire i temi e le soluzioni proposte consigliamo due contributi scritti dai partecipanti del tavolo tematico: “Taking care of work for a new economy: the experience of the Economy of Francesco”[3] e “La grazia di Lavorare – Il tema del lavoro nell’esperienza francescana”[4].
[1] C’è una citazione di Adam Smith della “Ricchezza delle nazioni” che cita: “non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla cura che essi hanno per il proprio interesse. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro interesse personale”.
[2] Per fortuna in Italia abbiamo una legge che impedisce la vendita e il trasporto di armi verso Paesi in guerra. Però, se la guerra non è stata dichiarata la leva legale diventa più difficile da utilizzare.
[3] Articolo accademico redatto da Domenico Rossignoli, professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e da Giorgia Nigri, dottoranda all’Istituto Universitario Sophia.
[4] Documento a cura di Fra Andrea Ricatti e scritto in collaborazione con i partecipanti al tavolo tematico “Work&Care” di The Economy of Francesco