30 Marzo 2020

In cammino sulle orme di Francesco per affrontare il coronavirus

Paolo Mirti
In cammino sulle orme di Francesco per affrontare il coronavirus
Storie di san Francesco; Navata, Chiesa superiore della Basilica di San Francesco in Assisi; Italia, Umbria, Perugia, Assisi

In tempi di “ restiamo a casa” come quelli in cui viviamo può suonare quasi provocatorio dirlo, eppure quello che stiamo affrontando in mezzo agli affanni ed alle paure del Coronavirus è un cammino. Un itinerario che al viandante impone le stesse regole e le stesse accortezze di ogni cammino: attenzione a non smarrire mai la via, procedere leggeri  liberandosi da pesi eccessivi, concentrarsi sul passo dopo passo sapendo che soltanto così saremo capaci di raggiungere la destinazione finale. Ed è proprio riflettendo su questo cammino che ci troviamo a percorrere, in sentieri sempre più angusti e con il terrore di perdersi, che ci accorgiamo di come gli insegnamenti di Francesco D’Assisi soprattutto  in questi frangenti riacquistino per intero la loro forza profetica. Si presentano davanti ai nostri occhi come un solido bastone grazie al quale procedere più sicuri, ora  e soprattutto quando tutto sarà finito.

Una degli insegnamenti francescani che nella drammatica tragedia personale e collettiva che stiamo vivendo occorre tener presente è: tornare a fare i conti con il sentimento di precarietà e di caducità delle nostre esistenze. Evitare di rinchiuderci negli angusti recinti delle nostre false certezze per rimuovere i segni della fragilità della nostra vita. È questo quello che fecero Francesco ed i primi francescani rifiutando la solitudine appartata del Convento a vantaggio di una vita itinerante dal momento che quella che Francesco aveva fondato era una forma di vita e non una regola, una fraternitas prima che una religio. Una fraternità che attraversava la strada e le persone che la popolano, le vite più sghembe e storte con i loro slanci e goie ma anche con l’ineluttabilità del rapporto con sorella morte. È come se proprio attraverso questa continua relazione con la precarietà dell’esperienza umana Francesco riuscisse e renderla più solida ed offrisse chiavi interpretative efficaci per decifrarne il mistero.

Una seconda cosa che di Francesco vorrei portare con me in questo cammino per sconfiggere il Coronavirus è la vocazione alla minorità. È la forza di baciare il lebbroso evitando che il virus infetti anche la nostra umanità portandosi ad innalzare nuove barriere e decretare nuove esclusioni. Cosa sono allora quei medici ed infermieri che vediamo in questi giorni lavorare senza sosta e senza protezioni per salvare vite umane offrendosi come unica consolazione alla disperazione se non degli esempi  splendenti di virtù francescane?

E poi c’è un altro principio che come viandante mi auguro che possa guidare il cammino che ci attende quando il virus sarà debellato e saremo chiamati a rifondare le nostre esistenze: la visione economica di Francesco D’Assisi. Può sembrare strano parlare di modello economico per un Santo che predicò la rinuncia totale di ogni cosa ed invece è proprio così. A partire dalla mobilitazione mondiale che si è formata per evitare la distruzione dell’ambiente è chiaro ormai a tutti come viviamo in un tempo di beni comuni. La pandemia che ci sta funestando ci dimostra che esistono anche i mali comuni, dai quali si può trovar rimedio soltanto con comportamenti collettivi e non attraverso scorciatoie individuali. È solo insieme che se ne esce. Ed allora proprio di fronte al tema di come relazionarci ai beni comuni ci viene in soccorso l’insegnamento originario di Francesco e dei primi francescani: si può soltanto usarli senza porsi di fronte a loro con l’atteggiamento di chi vuole impadronirsele per proprie finalità private. Sia i singoli francescani che i conventi non dovevano possedere nulla, come il cavallo che utilizza la biada che mangia senza averne il possesso. Così sostenevano i primi francescani, prima che un secolo dopo la morte di Francesco  Papa Giovanni XXII  in un’enciclica spazzasse via quell’utopia.  Eppure forse dovremo ripartire da quell’insegnamento se vogliamo davvero sperare di vivere in armonia con l’ambiente e con il creato.

Paolo Mirti

Giornalista pubblicista è dirigente dell’area cultura del Comune di Senigallia. Nel 2007 ha pubblicato per Giuntina Editrice il romanzo storico “La Società delle Mandorle”. Nel 2016 ha curato per la Claudio Ciabochi editore la guida Assisi nascosta, camminando per la città di San Francesco.

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